Il piano di Rustico per evitare il dissesto. Ma il Pd non ci sta

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La mancata approvazione del Piano di riequilibrio finanziario da parte del Consiglio comunale costa cara al Comune di Ispica.
La Corte dei Conti, infatti, nei giorni scorsi ha trasmesso la propria deliberazione all’indirizzo del sindaco, facendo presente che la mancata presentazione del Piano entro il termine perentorio dei 60 giorni dalla data di approvazione della procedura (passata sempre dal consiglio comunale), fa scattare d’ufficio la procedura di dissesto finanziario.

La Corte dei Conti assegna 20 giorni di tempo al Comune di Ispica per procedere con la deliberazione della dichiarazione di dissesto finanziario, che dovrà anch’essa passare dal Consiglio comunale.

Il tutto per 5,7 milioni di euro di debiti, che con il Piano di riequilibrio sarebbe stato possibile ripianare in dieci anni e che invece adesso diventeranno la causa del “fallimento” del Comune.

 

Il sindaco Piero Rustico oggi ha chiamato a raccolta tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione presenti in Consiglio comunale. La sua idea è quella di appellarsi ad una questione formale: dato che la decisione della Corte deriva dal fatto che il Consiglio comunale ha bocciato il Piano di riequilibrio nel merito, ma non è fuoriuscito dalla procedura se non per rientrarvi passando all’esame di un nuovo Piano, Rustico ritiene che si possa fare ricorso al Tar per ottenere questo “diritto”: “Il Consiglio può chiarire che era questa la sua volontà, e non quella di uscire dalla procedura”. Soluzione che richiede tuttavia, ancora una volta, il consenso dell’aula. “Questo potrà accadere – dichiara Rustico – se i gruppi politici avranno buon senso. Diversamente facciano le loro valutazioni: il Consiglio dovrà procedere con la dichiarazione del dissesto”.

 

Ma il segretario cittadino del Pd Gianni Stornello è molto chiaro nel non lasciare spazio alla collaborazione: “La responsabilità – dichiara – equivale ad una ammissione di colpa e il Pd di colpe non ne ha. Anzi ha semmai il merito di avere visto prima di tutti che il crinale verso cui la città andava era quello del fallimento. Quando già circa 3 anni fa dicemmo all’amministrazione di stare in guardia agli sperperi, già allora suonammo i campanelli di allarme: fummo derisi e ci dissero che eravamo uccelli del cattivo augurio. Questi sono i risultati, il Comune  è fallito e a nulla possono valere i bizantinismi giuridici nel cercare di impugnare la deliberazione. Noi siamo contrari al dissesto, che è una ferita gravissima al corpo della città, ma non ci sono vie d’uscita.  L’unica è quella di voltare pagina ed è qui che viene la responsabilità che siamo disposti ad assumerci, come consapevolezza dei nostri doveri: quella di stabilire in modo netto la discontinuità e dare una prospettiva di futuro alla collettività”.