Giù le mani da Montalbano

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Un fenomeno che non è solo televisivo (qui ci sarebbe da discettare se il merito è la strabiliante ‘penna di Camilleri (sicuro), l’attenta regia di Alberto Sironi, le fortunate location scelte da Luciano Ricceri o la spavalda interpretazione di Luca Zingaretti o la scelta di un caratterista efficace come Angelo Russo nei panni di Catarella) ma per il territorio ibleo rappresenta la base per il suo inaspettato exploit turistico (prima che aprisse addirittura l’aeroporto di Comiso). E qui ha ragione Pierangelo Buttafuoco quando scrive che “se vale l’eredità materiale di Camilleri, e tale è quello che si scorge nella provincia di Ragusa – dove la telegenia ha eletto definitivamente a Scicli, a Ibla, a Donnalucata e a Sampieri e perfino a Punta Secca, la mappa di una Camillerandia – tutta quella Vigata di cui è cantore s’incarna anche in un modello di sviluppo nel mare grande del sottosviluppo meridionale al punto che i turisti vi arrivano tra i carrubi per respirarne non la mitologia ma la sostanza di un’isola nell’isola”.

E non ci sarà alcun ‘scoop’ delle ‘Iene’ a fermare l’attrazione fatale che i telespettatori hanno per la casa di Marinella (Punta Secca) e per le invidiabili location iblee. Perché all’immaginario filmico corrisponde la realtà di una Sicilia bella e suggestiva. Una Sicilia capace di conquistare con le storie esotiche e barocche di Montalbano anche il più compassato turista settentrionale, capace di adottarne tanti nonostante vecchi pregiudizi sull’atavica differenza tra Nord e Sud.

All’interno di questa Sicilia, non la Vigata aspra e arida di Camilleri che lo scrittore ha immaginato nei suoi racconti ma quella televisiva che ha trovato la sua immagine nel territorio ragusano privilegiando spazi urbani barocchi, quinte architettoniche, scorci e visioni di “presepi urbani” (Scicli, Modica e Ragusa) raccontati con rivelatrici riprese aeree a volo d’uccello, c’è il segreto del nuovo fenomeno turistico spinto dai dati Auditel della fiction tv. L’involuta ricchezza della Sicilia barocca si è trasformata nell’immaginario collettivo nella Vigata del romanzo ed è divenuta la giusta cornice per le storie del Commissario. Un collage sfrenato, che metterebbe in difficoltà il turista che volesse percorrere un itinerario ragionato di Vigata così come raccontata nei film, ha poi compiuto il miracolo di costruire una realtà inesistente nella realtà ma efficacissima nella finzione televisiva. La Sicilia che si racconta è probabilmente inventata, non è quella povera che Camilleri ha amato e descritto, è certamente qualcosa di più che contemporaneamente lo scenografo Ricceri e il regista Sironi hanno reinventato, dandogli un codice estetico visivo diverso da quello a cui pensava, per sua stessa ammissione l’autore Camilleri che ha avuto modo di confessare: “Mi succede che quando scrivo un nuovo Montalbano rischio di farmi influenzare non tanto dal personaggio televisivo di Montalbano quanto piuttosto dal paesaggio”. Eppure questa reinvenzione rispetta in pieno quella che è la percezione emotiva che il lettore ha dei luoghi di Montalbano. Sta qui la forza di una fiction fortunata che ha fatto la fortuna di un territorio.

La forza è data dal paesaggio, dalla sua luce. Così della casa di Marinella che è e resta un ‘simbolo’. Dice Camilleri della casa dove abita Montalbano ch’è “troppo lussuosa” e ancora: “Il mio commissario sarebbe mai andato ad abitare in una casa a due piani, così bella e sfarzosa? In realtà a lui piace una casetta con tre camere in fila. Però mi va bene la spiaggia, e anche il terrazzo”. E invece l’edifico scelto è una casa edificata negli anni Trenta sulla spiaggia di Punta Secca a Santa Croce Camarina, a due piani con un terrazzo prospiciente la bellissima spiaggia. Un edificio ben diverso dalle tre camere in fila che auspica Camilleri. Eppure quella bellezza, quel fascino indiscutibile di un orizzonte unico fatto di rapporti sabbia/mare è ancora una volta una trasposizione felice della Sicilia e del litorale ibleo. Si potrà cancellare mai un’immagine così forte?