Operazione ‘Strascico’, fermata banda di catanesi che razziava mezza Sicilia

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I dettagli dell’operazione sono stati illustrati questa mattina in Questura, a Ragusa.

La nota della Polizia di Stato:

La Polizia di Stato – Squadra Mobile di Ragusa – ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di una banda di ladri e ricettatori catanesi su disposizione della Procura della Repubblica, giusta ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Ragusa.

Contestati perlopiù furti aggravati dall’aver commesso i fatti in più di tre persone; con violenza sulle cose; in tempo di notte ed in luogo isolato e dunque profittando di circostanze di tempo tali da ostacolare la pubblica o privata difesa nonché cagionando alle vittime danni patrimoniale di rilevante gravità. Sono tuttora in corso le ricerche di 4 destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare attualmente irreperibili.

LA GENESI DELL’INDAGINE

La Squadra Mobile di Ragusa dava avvio all’attività investigativa a seguito di un ingente furto (500.000 euro) commesso la notte del 29 novembre 2016 a Comiso ai danni di un’impresa edile ridotta sul lastrico. Le indagini esperite nell’immediatezza unitamente al personale del Commissariato di P.S. di Comiso, consentivano di individuare una delle due autovetture di proprietà di uno degli indagati, come quella utilizzata per commettere il delitto di furto aggravato. Per individuare gli indagati sono stati fatti enormi sforzi investigativi grazie ad uno studio approfondito delle immagini di videosorveglianza della città di Comiso così come di altri centri periferici. Alla fine del mese di dicembre dello scorso anno venivano richieste alla Procura della Repubblica di Ragusa le autorizzazioni all’intercettazioni di conversazioni telefoniche.

Numerosi i soggetti ritenuti essere parte del nutrito gruppo di criminali che, come si è poi rilevato, hanno posto in essere reati contro il patrimonio nelle province di Ragusa, Catania, Siracusa, Enna, Messina, Caltanissetta e Palermo.

LE INDAGINI

Considerata la dinamicità del gruppo criminale e la loro base di partenza dal capoluogo etneo, è stata fondamentale la piena disponibilità ed assistenza ricevuta durante il periodo investigativo, condotto dalla Squadra Mobile di Ragusa, dalle Squadre Mobili di Catania ed Enna, in ordine alle richieste di intervento in ausilio agli investigatori iblei, nate durante le indagini, così come lo scambio informativo per l’acquisizione di ulteriori fonti di prova a carico degli odierni indagati.

L’attività investigativa si è sviluppata fino al mese di maggio 2017 ed ha consentito di far rilevare, sin dalle prime fasi, che fosse attivo un gruppo di almeno 15 persone (poi risultate essere complessivamente 17) che quasi tutte le sere pianificavano sopralluoghi presso le aziende prese di mira, per poi eseguire importanti furti a loro danno.

L’operazione di Polizia prende il nome “Strascico” in quanto gli indagati quando si contattavano telefonicamente per darsi appuntamento al fine di commettere furti, parlavano in modo criptico, simulando battute di pesca. Lo stesso facevano quando dovevano spartirsi il denaro provento dell’attività delittuosa, il denaro veniva denominato pesce, questo al fine di eludere attività di intercettazione, escamotage risultato vano per l’acume investigativo della Squadra Mobile iblea.

Come ricostruito attraverso le analisi delle risultanze scaturite dalle attività tecniche, il gruppo generalmente andava a commettere i furti nei giorni feriali, mai il sabato e la domenica dedicati alla famiglia. Gli stessi si incontravano tutti a Catania in Piazza Caduti del Mare meglio conosciuta come “u tunniceddu da playa”. Quest’ultimo era il loro quartier generale, sito in una delle zone più ad alta densità criminale del capoluogo etneo ed impenetrabile per alcune attività di Polizia in quanto gli agenti vengono subito riconosciuti poiché estranei al quartiere.

Da quel luogo, dopo avere pianificato i loro “interventi”, partivano, a bordo delle autovetture (nel contempo intercettate), per recarsi a commettere delitti non prima di averle rifornite dividendo equamente il pieno di carburante. Il tutto veniva pianificato nei minimi particolari ed ogni elemento di disturbo li faceva desistere per andare sul sicuro. La “squadra” era composta da più elementi, pochissimi per i sopralluoghi e almeno 10 per consumare i delitti.

Dopo aver consumato il reato bisognava subito “piazzare” la refurtiva grazie ai ricettatori che in alcuni casi sono stati identificati, come la donna Indelicato Giuseppa. La donna gestisce un’azienda di rottamazione metalli nel quartiere “Zia Lisa” a Catania ed ha ricevuto materiale provento di furto. La donna, considerata la minore gravità dei fatti commessi, è stata l’unica ad essere sottoposta agli arresti domiciliari, in quanto gli altri sono stati condotti in carcere.

Le attività captative hanno consentito di ricostruire per ogni reato contestato, il percorso effettuato, le aziende colpite, il tipo di veicoli industriali trafugati (o di merce), il numero di partecipanti divisi in squadre e quasi sempre la loro identificazione, malgrado le attenzioni prestate nell’utilizzo dei telefoni (ad esempio utilizzavano utenze telefoniche attivate esclusivamente per tenersi in contatto durante le fasi in cui ponevano in essere i reati per poi cessarle).

Non poche le criticità che il gruppo criminale ha affrontato durante le indagini. Continue erano le liti e le preoccupazioni di eventuali tradimenti da parte di alcuni nei riguardi di altri. Queste frizioni hanno reso ancora più difficile l’indagine poiché gli indagati cambiavano spesso “barca” (come la chiamavano loro) ovvero squadra con la quale commettere reati. Il gruppo molto numeroso non agiva in associazione tra loro ma si costituiva di volta in volta cambiando parte dei “pescatori” al posto di altri.

È inoltre possibile affermare che la Polizia di Stato ha sgominato un gruppo di persone molto pericoloso, in quanto gli appartenenti erano abituati a commettere i delitti con particolare spregiudicatezza e tutti gli indagati sono soggetti con un curriculum criminale di rilevante spessore ad eccezione di pochi. La Squadra Mobile di Ragusa pertanto ha dovuto pianificare servizi finalizzati a prevenire ed in alcuni casi a riscontrare alcuni dei delitti commessi.

Nonostante le accortezze poste in essere dagli odierni arrestati durante le indagini, in alcune occasioni è stato possibile recuperare parte della refurtiva; a titolo di esempio, dopo un furto di denaro contante custodito all’interno di un ingrosso di abbigliamento in provincia di Catania, gli indagati si tradivano per l’euforia di aver trovato un’ingente somma di denaro pari (a loro dire durante le intercettazioni) a 100.000 euro, tanto che l’interlocutore non credeva al correo che giurava suoi figli fosse la verità.

Proprio l’euforia di aver trovato migliaia di euro ha portato la Squadra Mobile di Ragusa ad effettuare una perquisizione a casa di alcuni degli arrestati, attività che ha permesso di rivenire oltre 15.000 euro, ovvero parte della refurtiva.

Ed ancora, a marzo del 2017, è stata rivenuta un’autobotte rubata a Messina carica di 20.000 litri di vino (per un valore di 40.000 euro solo della merce trasportata); ad  aprile 2017 è stata rivenuta della raccorderia e rubinetteria proveniente dal furto presso l’azienda che si occupa della distribuzione dell’acqua nella provincia di Caltanissetta; il recupero di un escavatore proveniente dal furto avvenuto in Catania e di un autocarro asportato ad Avola con il contestuale arresto di BINGHIAC Ciprian.

LA CONCLUSIONE DELLE INDAGINI

Le attività d’indagine venivano interrotte alla fine del mese di maggio 2017, poiché erano stati raccolti gravi elementi di reità a carico dei 17 soggetti oggi tratti in arresto in esecuzione della misura cautelare richiesta ed ottenuta dalla Procura della Repubblica di Ragusa.

L’Autorità Giudiziaria ha ritenuto opportuno richiedere la misura cautelare stante il lavoro svolto dalla Squadra Mobile di Ragusa di raccolta di fonti di prova in ordine ad oltre 20 reati contro il patrimonio consumati su tutto il territorio siciliano e per scongiurare la reiterazione di crimini così gravi, tali da mettere in ginocchio le imprese colpite.

Le attività di captazione ad un certo punto subirono una battuta d’arresto perché i continui interventi della Polizia di Stato, atti ad impedire la commissione di furti, fecero insospettire gli indagati che cambiarono utenze telefoniche adottando inoltre altri accorgimenti per recarsi suoi luoghi del delitto.

IL BLITZ

Gli uomini della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Ragusa diretta dal Dott. Salvatore La Rosa hanno raggiunto in 90 la città di Catania in tempo di notte. Li, diretti dalla Squadra Mobile di Ragusa, si sono incontrati con gli uomini della Polizia Scientifica, della Squadra Mobile di Catania ed Enna, con i Reparti Prevenzione Crimine e le Unità Cinofile di Catania e Palermo.

Dopo un briefing operativo, alle prime luci dell’alba ben 120 poliziotti hanno fatto irruzione nelle abitazioni dei 17 destinatari del provvedimento di cattura emesso dalla Procura della Repubblica di Ragusa. 4 dei destinatari sono ancora ricercati, in quanto, come frequentemente facevano durante le indagini, hanno cambiato domicilio a seguito di separazioni dalle compagne o per altre esigenze personali.

Dopo un’accurata perquisizione dell’abitazioni, parte degli arrestati è stata condotta negli uffici della Squadra Mobile di Catania ed il resto presso la Squadra Mobile di Ragusa, dove la Polizia Scientifica ha fotosegnalato tutti ed al termine delle attività, i poliziotti li hanno condotti negli istituti di pena di Piazza Lanza e C.da Pendente.

Le catture sono state portate a termine nonostante le diverse difficoltà di operare in un territorio diverso da quello a cui erano abituati gli investigatori della Squadra Mobile di Ragusa e questo grazie alla piena sinergia della Questura di Catania.

Tredici le persone arrestate, tutte di Catania, a eccezione di un rumeno.