Fiumi di eroina e hascisc da Napoli a Vittoria. Donne costrette a nasconderla nelle parti intime

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Eroina e hascisc, eseguite nove misura di custodia

Alle prime luci dell’alba di oggi, militari della Compagnia Carabinieri di Vittoria, a conclusione di una complessa e articolata attività d’indagine, ha dato esecuzione nelle città di Vittoria, Genova, Caltagirone e Palagonia a 9 misure di custodia cautelare, di cui 5 in carcere, 1 divieto di dimora in Provincia di Ragusa e 3 obblighi di dimora nel comune di residenza, emesse dal Gip del Tribunale di Ragusa, dott. Giovanni Giampiccolo, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nella persona del sostituto procuratore dott.ssa Valentina Botti, che ha concordato con le risultanze investigative raccolte dal Nucleo operativo carabinieri vittoriese, a carico di pregiudicati italiani e tunisini tutti appartenenti ad un sodalizio specializzato nello smercio di eroina e hascisc.

Sono state sequestrate complessivamente nel corso dell’indagine oltre 500 dosi. In manette soprattutto tunisini, ma anche qualche italiano.

I dettagli dell’operazione sono stati illustrati questa mattina al Comando provinciale dei Carabinieri dal maggiore Alessandro Coassin, dal capitato Daniele Plebani e dal Tenente Luca Armao. 

L’operazione, convenzionalmente denominata “Ghorab”, in arabo “corvo”, dall’appellativo, registrato durante le conversazioni telefoniche e ambientali, utilizzato dai criminali per individuare i militari dell’Arma e avvertire quindi gli spacciatori su strada della loro presenza, conclude un’attività investigativa, svolta a partire dall’ottobre 2014 e protrattasi fino a luglio 2015, nel corso della quale sono state arrestate in flagranza altre quattro persone, per trasporto e detenzione a fine di spaccio di stupefacenti pesanti, destinato al consumo al dettaglio anche di minorenni vittoriesi, senza contare i numerosi soggetti segnalati al Prefetto di Ragusa per detenzione per uso personale di droga.

Genesi dell’attività è stata la denuncia di scomparsa presentata da un genitore disperato per l’allontanamento della figlia, fuggita per amore con il fidanzato tunisino, tossicodipendente e spacciatore. I carabinieri di Vittoria erano riusciti a rintracciarla e sottrarla dalle grinfie del fidanzato-carnefice che – poi s’era scoperto parlando con la giovane – la teneva segregata sotto l’effetto dell’eroina e non solo, l’aveva costretta a trasportare quasi mezzo etto di eroina, nascosta nelle proprie parti intime, a bordo di un pullman di linea tra Napoli e Vittoria. Da qui le indagini sul giovane tunisino, poi morto per overdose e quindi non più perseguibile penalmente, s’erano allargate a tutto il resto della squadra di spacciatori e trafficanti.

Da ricordare in tal senso le attività del febbraio 2015, che avevano permesso di trarre in arresto un tunisino, notato scendere da un pullman appena arrivato da Napoli in piazza Pietro Nenni a Vittoria: nel retto aveva nascosto due ovuli con 40 grami di eroina.

Pure un libico, sbarcato da poco e senza lavoro, era finito a far parte del gruppo di spacciatorei.

Da questi riscontri si è partiti per ricostruire le personalità criminali attive nello smercio dell’eroina e dell’hascisc, accertando in tal modo i flussi di stupefacente (che fruttava diverse migliaia di euro a settimana nella considerazione che un grammo di eroina veniva pagato fino a cinquanta euro) provenienti dalle città di Palermo e Napoli, dove il gruppo si andava a rifornire.

La droga giungeva sulla piazza vittoriese (luogo centrale dello spaccio rimane piazza Manin) trasportata da insospettabili corrieri che, per eludere i controlli delle forze dell’ordine, si spostavano con gli autobus pubblici, celando la sostanza finanche nella cavità rettale. Vi era poi una vera e propria rete di fiancheggiatori, delle vere e proprie sentinelle, che facevano da staffetta e che indirizzavano gli acquirenti verso i pusher e che, all’occorrenza, avvertivano dell’arrivo di pattuglie della Benemerita, indicandole appunto quali “Ghorab”, corvi. Anche il linguaggio utilizzato tra i membri del sodalizio per indicare la sostanza trasportata era in codice: gli arrestati, infatti, chiamavano le partite di droga con i termini “macchina”, “pizza” o “cilindretto”.

Tra gli acquirenti della droga anche alcuni minori, incluso un ragazzino di soli dodici anni. 

Gli inquirenti, nel portare avanti l’attività investigativa, si sono avvalsi non solo dei metodi più consueti d’indagine, quali pedinamenti, osservazione e controllo del territorio, ma hanno fatto anche uso dei moderni ausili tecnici a loro disposizione, comes