Marmellata e morticini, cosa resta della tradizione?

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Foto di repertorio presa dal web

Molto prima di Halloween, persino prima di Babbo Natale, in Sicilia c’erano i morti. Anzi, i morticini, come venivano chiamati per addolcire il linguaggio e plasmare un immaginario della morte a misura di bambino. Non che così fosse meno pauroso. I morticini che visitavano le case nella notte tra l’1 e il 2 novembre erano comunque abbastanza inquietanti, se solo si fosse voluto approfondire. Altro che travestimenti di Halloween! Quelli erano spiriti veri, fantasmi delle persone care venute a mancare, certo fantasmi buoni mossi da affetto e spirito di protezione, ma pur sempre fantasmi.

In comune tra la festività recentemente importata dagli Sati Uniti e quella nostrana c’è l’associazione di due quasi opposti, macabro e zuccheroso, come a volerne mitigare gli eccessi per mezzo di questa giustapposizione. Dai dolcetti caramellosi ricevuti dai bambini in maschera dietro ricatto, trick or treat, la notte di Halloween, ai dolci tipici della tradizione siciliana. Tra questi, al primo posto per ricercatezza e notorietà, c’è la frutta martorana, un trionfo di forme, colori e zucchero a profusione. Poi le “ossa dei morti”, con quel misto di croccantezza e friabilità e quell’aroma di cannella e chiodi di garofano, un gusto e una sensazione praticamente irripetibili. E ancora, ricetta più povera ma immancabile nelle case ragusane durante queste feste, la marmellata di mele cotogne negli stampi di terracotta, in seguito di alluminio, con le varie sagome e decorazioni che tutti ricordiamo. Mangiata subito era morbida e molto dolce, dopo qualche giorno lo zucchero si cristallizzava e la forma di marmellata si induriva, raggiungendo un livello di zuccherosità al limite del proibito. Eppure, era squisita.

La mattina del 2 novembre i bambini si svegliavano e trovavano i regali portati dai morticini, di entità e valore differente a seconda delle epoche e delle condizioni economiche. Se i nonni di oggi ricordano l’emozione di girare per la casa in cerca ro cannisciu, dove se andava bene trovavano un capo di abbigliamento o un giocattolo, altrimenti frutta secca, castagne e cotognata, la generazione nata tra i Settanta e gli Ottanta riceveva già ceste molto più ricche, tra barbie e big jim, robot e cicciobello, macchinine e macchine da cucire – giocattoli etremamente genderizzati quelli del tempo.

E i bambini del presente? Probabilmente vivono come un continuum i giorni che vanno dal 31 ottobre al 2 novembre, una festa senza soluzione di continuità e senza troppi distinguo tra sacro e profano, fantasmi con il lenzuolo, scheletri e morticini. I regali dei morti arrivano ancora, come testimonia l’assalto ai negozi di giocattoli di questi giorni. Ma è una delle occasioni tra tante in cui si ricevono regali. Venute meno le emozioni associate alla festa dei defunti – paura, rispetto, trepidazione, curiosità, sorpresa -, resta più che altro il desiderio degli adulti di mantenere viva la tradizione, almeno per qualche altra generazione.

E la marmellata? Molti continuano a farla, con il bimby, in barattolo e senza zucchero. Buona lo stesso, più salutare certamente, ma non è la stessa cosa.