Il vescovo Rizzo, la base della morte e la ‘conversione’: dai missili all’accoglienza

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La guerra nel cuore dell’Europa e l’unica via percorribile, quella del soccorso a chi soffre offrendo accoglienza agli sfollati, richiamano alla memoria immagini di oltre 20 anni fa, quando l’ex Base Nato ospitò tra cinque e seimila profughi provenienti dal Kosovo. Le parole del sindaco di Comiso, Maria Rita Schembari, nel confermare la piena disponibilità a mettere a disposizioni gli alloggi presenti nell’ex sito militare, richiamano al comune impegno di 20 anni.

Ripercorriamo, per flash, ciò che avvenne alla fine degli anni ’90. Quando l’allora vescovo di Ragusa, Angelo Rizzo, che pochi anni prima aveva benedetto la chiesa nella base della morte suscitando polemiche e amarezza, invitò il governo ad accogliere i profughi kosovari.

«Il giovedì santo del 1999, il vescovo Rizzo, dinanzi all’intero presbiterio, nell’omelia della messa solenne in Cattedrale per la benedizione degli olii santi, fece un annuncio: manifestò la volontà di ‘suggerire’ al governo italiano l’utilizzo temporaneo dell’ex base Nato per ospitare i profughi kosovari. Secondo la testimonianza di monsignor Giovanni Battaglia, la decisione del vescovo fu estemporanea. A mettere in testa al vescovo questo ‘desiderio’ sarebbe stato lo stesso direttore della Caritas diocesana in un veloce scambio di battute durante la processione prima dell’ingresso in chiesa. Il 3 aprile, sabato santo, il presule scrisse al presidente del Consiglio dei Ministri, Massimo D’Alema, e al Ministro dell’Interno, Rosa Russo Jervolino:

“I tragici scenari che la guerra nei Balcani presenta, mi inducono, come custode dell’ordine morale e religioso di questa porzione dell’unica Chiesa di Cristo che è in Ragusa e di cui sono Pastore e Vescovo – in spirito di leale collaborazione con le autorità dello Stato e dei suoi rappresentanti nel territorio – ad indicare nella ex base Nato di Comiso una sede idonea, nel breve termine, ad accogliere un certo numero di profughi di paesi colpiti dalla guerra”.

Nei primi giorni di maggio 1999 i primi 300 kosovari arrivarono nella struttura di Comiso, accolti dal ministro Jervolino. La stampa diede un grande risalto all’accoglienza che avviò la ‘Missione arcobaleno’, con un picco di seimila profughi. Nei paginoni con cronache e commenti, i titoli rappresentarono in modo equilibrato cosa accadeva.

«Sindaco e vescovo: “Atto di umanità”» da una parte, «La riconversione non sarà accantonata» dall’altro. E ancora: «Che siano i benvenuti, ma non per sempre».

La sensazione, pure per chi non conosce quei fatti, è che ci fosse la necessità di rimarcare un punto fondamentale: l’accoglienza doveva avere un tempo limitato. E non solo perché ci si augurava che la guerra nei Balcani durasse poco. C’erano in gioco le sorti della struttura, che si voleva rilanciare: si parlava già di un aeroporto civile. La notizia dell’apertura delle porte dell’ex Base Nato ai profughi, quindi, non fu accolta senza remore.

Il governo D’Alema, alle prese con le proteste a sinistra, e da parte dei Verdi, per il via libera all’utilizzo dello spazio aereo per i velivoli Nato che il 24 marzo 1999 bombardarono i primi obiettivi serbi, aveva necessità di controbilanciare quell’azione, con un intervento umanitario. Per questo è plausibile pensare che la lettera del vescovo Rizzo fu più un ‘benestare’ che un invito vero e proprio. Ancora una volta, l’assenza della documentazione appartenuta al vescovo Rizzo non permette di avere dati certi di un eventuale carteggio riservato su quella vicenda, ma è indubbio che il coinvolgimento della Chiesa, in quella circostanza, si rivelò in qualche modo fondamentale. Non tanto per il via libera, che il governo probabilmente avrebbe dato comunque, quanto per dare sostegno a quella scelta che ebbe non pochi ‘oppositori’.

La preoccupazione che i profughi sarebbero rimasti a Comiso per anni era palpabile in paese. Soprattutto la classe politica e imprenditoriale era in fibrillazione, tant’è che negli articoli di cui si sono riportati i titoli si teneva a precisare che: «Una lettera d’intenti era sta- ta inviata dal presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, al sindaco di Comiso, Giuseppe Digiacomo, per ribadire l’interesse dello Stato. […] L’accoglienza dei kosovari a Comiso è una pagina di storia con luci e ombre. Da parte del mondo cattolico ci fu una forte mobilitazione. Si mossero le Caritas dell’Isola, alcuni gruppi di preghiera, pure due obiettori della Caritas ambrosiana furono distaccati nella cittadina iblea. Numerose parrocchie, congregazioni di suore e cooperati- ve sociali legate al mondo cattolico diedero il loro contributo. Scout e giovani dell’Oratorio salesiano di Ragusa si diedero i turni per montare i letti e per rendersi utili come potevano all’interno delle villette che ospitavano i soldati fino a qualche anno prima.

Questa volta era stato il vertice della Chiesa locale non solo a dare il placet, ma anche a ribadire la paternità di quella decisioneL’esperienza personale che i volontari condivisero al termine del periodo di accoglienza fu senza dubbio positiva e lasciò un bel segno in tanti di loro: numerosi giovani, per molti dei quali si trattò di mettere in pratica le ‘parole belle’ del vangelo, con la radicalità che, anni prima, pur se in una cornice di riferimento assai differente, aveva accompagnato i ‘cristiani per la pace’.

Le ombre, come detto, non mancarono. Un campo che nell’arco di poche settimane si attrezzò per accogliere migliaia di profughi, lo spontaneismo, soprattutto nelle prime settimane, che riguardava buona parte dei servizi, una scarsa capacità di coordinamento portarono anche a momenti di frizione.

Il 29 maggio il coordinatore del campo, Cosimo Golizia, del Dipartimento di Protezione civile, chiariva alla Caritas che: «L’attività svolta da codesta Associazione non rientra nella programmazione […]. Si invita codesta associazione a voler richiedere preventivamente alle funzioni rispettivamente competenti l’autorizzazione per svolgere ogni tipo di attività che s’intende espletare».

‘Peacetown’, così fu chiamata la base negli anni della ‘Missione arcobaleno’, iniziò a svuotarsi agli inizi di luglio dello stesso anno. Le prime partenze dal 6 luglio, ma fino ad agosto vi rimasero alcuni profughi».

[Tratto da: Centododici. Fiori, sorrisi e politica contro i missili Cruise a Comiso di Davide Bocchieri, edito da Pressh24]