
È partita anche da Palermo l’operazione che oggi ha portato all’arresto di 11 persone accusate di far parte di una rete criminale transnazionale specializzata nel riciclaggio, nell’autoriciclaggio e nel cosiddetto “lavaggio dell’IVA intracomunitaria”. Un’indagine imponente, coordinata dalla Procura Europea (EPPO) attraverso i suoi uffici di Palermo e Milano, che ha visto la collaborazione sinergica tra la Squadra Mobile di Palermo, la SISCO e il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Varese.
Il capoluogo siciliano ha ricoperto un ruolo centrale nello sviluppo delle indagini, già avviate nel novembre 2024 con l’operazione “Moby Dick”, che aveva smantellato un’organizzazione criminale attiva in diversi Paesi dell’Unione Europea, in Svizzera, Singapore e negli Emirati Arabi Uniti. In quella fase erano stati arrestati 47 indagati e sequestrati beni per oltre 650 milioni di euro, ma l’attività investigativa non si è mai fermata. È proseguita proprio a Palermo, dove sono stati analizzati nuovi elementi raccolti dai dispositivi informatici sequestrati e dalle dichiarazioni di alcuni membri del gruppo.
Le nuove prove hanno rafforzato il quadro accusatorio, portando all’emissione di ulteriori misure cautelari. Gli indagati sono ora accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso, con contatti diretti con i clan camorristici Nuvoletta di Marano di Napoli e Di Lauro di Scampia. La struttura criminale non solo gestiva una sofisticata frode fiscale su scala europea, ma reinvestiva i proventi illeciti attraverso canali apparentemente legali, infiltrando l’economia reale.
Nove arresti sono stati eseguiti nelle province di Napoli e Roma, mentre due soggetti si trovano negli Emirati Arabi Uniti, precisamente a Dubai, dove le autorità italiane hanno già attivato i Mandati di arresto europei. Sono tuttora in corso perquisizioni in Campania e Lazio, con il supporto del Reparto Prevenzione Crimine della Polizia di Stato.
Il procedimento, pur fondato su gravi indizi, è ancora in fase cautelare: le responsabilità penali saranno accertate in sede di giudizio, nel rispetto della presunzione di innocenza sancita dalla Costituzione.