
Arriva, con l’approvazione finale del Dl 127, la tanto attesa riforma della scuola. Il provvedimento, voluto dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, porta con sé una serie di novità che spaziano dall’esame di Stato ai viaggi d’istruzione, passando per la formazione docenti e i percorsi scuola-lavoro.
Partiamo da un aspetto spesso trascurato ma molto sentito: i viaggi d’istruzione. Il decreto introduce una doppia stretta per garantire maggiore sicurezza nei trasporti. I contratti per i servizi legati alle uscite didattiche dovranno essere assegnati solo sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, privilegiando quindi la qualità rispetto al prezzo.
Inoltre, tali appalti rientreranno tra quelli “ad alta intensità di manodopera”, con un tetto massimo del 30% per il punteggio economico. Obiettivo: valorizzare la qualità del servizio, la sicurezza dei mezzi, l’accessibilità per le persone con disabilità e la professionalità dei conducenti.
La “Carta del docente”, introdotta nel 2015, si allarga a circa 190mila insegnanti precari. Tuttavia, dal 2025/26 l’utilizzo dei 500 euro annui sarà più controllato: l’acquisto di hardware e software, come computer o tablet, sarà consentito solo alla prima erogazione e poi ogni quattro anni.
Nel paniere dei beni acquistabili entrano anche i servizi di trasporto di persone, oltre a libri, corsi di formazione, lauree e master. Una revisione che punta a rendere la misura più sostenibile e finalizzata alla crescita professionale.
Cambia anche la denominazione dei percorsi di alternanza. Niente più Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento): da ora si parlerà di Formazione scuola-lavoro, per sottolineare con maggiore chiarezza il valore formativo e orientativo delle esperienze “on the job”.
Arrivano norme più flessibili per chi decide di cambiare indirizzo di studio. Nel biennio iniziale gli studenti potranno contare su interventi di sostegno, mentre nel triennio finale dovranno sostenere esami integrativi. Una misura pensata per contrastare la dispersione scolastica e ridurre l’insuccesso formativo, offrendo percorsi più personalizzati.
La riforma dell’esame di maturità: cambia tutto dal 2026
Dal giugno 2026, l’esame finale del secondo ciclo tornerà ufficialmente a chiamarsi esame di maturità. I primi a sperimentarlo saranno circa 500mila studenti di quinta superiore.
La prova orale verrà limitata a quattro discipline, scelte ogni anno dal Ministero insieme a quella della seconda prova scritta. Addio all’interrogazione su tutte le materie: l’obiettivo è concentrarsi su un nucleo essenziale di conoscenze, rendendo il colloquio più serio e sereno.
Sparisce anche l’avvio con materiale scelto dalla commissione: una scelta che, nelle passate edizioni, aveva generato disparità e confusione.
Inoltre, lo “scena muta” non sarà più tollerato: chi si rifiuterà di sostenere l’orale sarà automaticamente bocciato.
Le commissioni saranno più snelle: cinque membri (due interni, due esterni e il presidente) invece dei sette attuali. Crescono anche i fondi per la formazione dei commissari — +3 milioni nel 2026 e +11 milioni nel 2027 — e viene ritoccato il bonus per i migliori studenti, che potrà essere assegnato già a partire da 90 punti, non più da 97.
Il Dl 127 rende definitivo il modello “4+2”, ossia quattro anni di scuola superiore seguiti da due negli Its Academy, creando una filiera tecnologico-professionale stabile a partire dall’anno scolastico 2026/27.
Si estende anche di un anno (fino a fine 2026) la durata dei percorsi di specializzazione per futuri insegnanti di sostegno, gestiti dall’Indire, con la possibilità di accesso per i precari con almeno tre anni di servizio negli ultimi otto.
Previsti inoltre 240 milioni di euro una tantum per il rinnovo del contratto scuola e 15 milioni aggiuntivi per l’assicurazione sanitaria integrativa estesa anche ai supplenti annuali.
