
La Chiesa celebra oggi, 16 novembre, la IX Giornata Mondiale dei Poveri, dedicata al tema «Sei tu, mio Signore, la mia speranza» (Sal 71,5). Nel suo messaggio, Papa Leone XIV richiama i fedeli a riconoscere che la povertà non è un incidente della storia, ma un “luogo teologico”, un’occasione per incontrare il volto di Dio che cammina accanto ai più fragili.
In Sicilia la Giornata assume un significato particolarmente intenso. Se a livello nazionale l’appuntamento coincide con il Giubileo dei Poveri, nell’Isola diventa per le comunità un momento per “cercare, conoscere, animare e promuovere i segni di speranza” già presenti nei territori: luoghi e relazioni in cui la carità si traduce in annuncio, educazione, giustizia e trasformazione sociale.
Secondo Domenico Leggio, direttore regionale di Caritas Sicilia, l’approccio è fondamentale: “Non è solo pensare al povero a cui chiaramente è dedicata la Giornata, ma riguarda il come la comunità si preoccupa di incontrare il povero, come riesce a valorizzarlo come risorsa, come la comunità riesce ad essere contaminata dalla ricchezza che lo stato di povertà rende a quella persona”. Un invito, dunque, a una cura che non si limita all’assistenza, ma che passa dalla relazione: “Non è quello che le comunità organizzano per i poveri, ma che organizzano insieme ai poveri”, sottolinea Leggio, richiamando l’importanza di attenzioni quotidiane e non legate solo a ricorrenze o festività.
Il Report statistico 2025 di Caritas Italiana, presentato lo scorso giugno a Roma e illustrato anche alla Conferenza Episcopale Siciliana, offre una fotografia aggiornata della povertà nell’Isola:
Sono 12.351 le persone accolte nei 182 centri d’ascolto delle 17 diocesi, pari al 4,4% del campione nazionale. La maggior parte è di origine italiana (71,9%), con una prevalenza femminile del 54,9%.
I nuovi contatti rappresentano il 37,7% delle persone incontrate, ma non si tratta di “nuovi poveri”: molti sono semplicemente registrati per la prima volta. Preoccupa invece la persistenza delle difficoltà economiche: il 24,2% è conosciuto da due anni e il 23,4% versa in condizioni precarie da oltre cinque anni.
Il bisogno più diffuso resta quello economico (81,7%), seguito dai problemi legati all’occupazione (64,1%). Emergono inoltre difficoltà abitative (21,8%), familiari (19,9%) e di salute (19%), spesso aggravate da ostacoli nell’accesso al Servizio Sanitario o dalla rinuncia alle cure per ragioni economiche o per le lunghe liste d’attesa.
Questi dati delineano un quadro complesso e mostrano l’impatto dell’inflazione, della precarietà lavorativa e della crisi abitativa sulla popolazione più vulnerabile. Offrono anche, però, strumenti per comprendere quei fattori che mantengono molte persone “in bilico tra il cadere in una situazione di povertà assoluta e il tentare di risalire la china”, diventando linee guida per una solidarietà concreta.
