
È stato inaugurato ieri, nell’ex chiesa di San Antonio Abate, il presepe realizzato dall’eclettico professor Arturo Barbante. Non un presepe tradizionale, ma una vera e propria installazione, come l’ha definita lo stesso artista, capace di interpretare con forza e lucidità i tempi che stiamo vivendo: tempi segnati da sofferenze, guerre, morti, fame e da una diffusa sottovalutazione dei diritti del prossimo.
L’opera si presenta come un’interpretazione contemporanea e potente del presepe, ambientata in uno scenario di distruzione e macerie. La Natività non è collocata in un contesto idilliaco, ma tra le rovine di un edificio, simbolo di un mondo ferito e lacerato. In questo scenario drammatico, la nascita diventa segno di vulnerabilità umana, ma anche di resistenza e di speranza, capace di emergere persino nei contesti di conflitto e di disastro.
Le figure, ritagliate e dipinte dal maestro Barbante, colpiscono per la loro forza espressiva e per la notevole diversità etnica e culturale, visibile negli abiti e nei tratti somatici. Particolarmente significativa è la presenza di una persona in sedia a rotelle, di una bambina con una protesi alla gamba e di due giovani abbracciati, nonostante i loro governanti si fanno la guerra; segni evidenti di un messaggio di inclusione e di attenzione verso i più fragili, i marginalizzati e i vulnerabili della società. Tutte le figure sono rivolte verso il punto focale della scena, la Natività, creando un senso di comunità e di solidarietà che trascende le differenze. In mezzo alle difficoltà, alle ferite e al dolore, emerge un’umanità che si stringe insieme, unita dalla ricerca di senso e di salvezza.
Nonostante l’ambientazione desolante, il presepe mantiene e rafforza un messaggio di speranza.
