350 mila euro per 250 migranti. Arrestati altri cinque scafisti

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Cinque tunisini sono stati arrestati dalla Squadra Mobile, in quanto considerati come responsabili della tratta dei 250 migranti arrivati tra venerdì e sabato a Pozzallo, provenienti prevalentemente dall’Eritrea.

Ecco la ricostruzione dei fatti nella nota della Questura:

Alle ore 08.32 del 31.05.2014 il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto riceveva segnalazione circa l’avvistamento, da parte di un pattugliatore maltese, di un’imbarcazione con circa 200 migranti irregolari a bordo a circa 29 miglia a sud – sud/ovest da Pozzallo. Alle ore 08.40 venivano inviate le motovedette dal Porto di Pozzallo ai fini di intercettare l’imbarcazione “ombreggiata” dalla motovedetta maltese. Alle ore 09.55 le motovedette della Capitaneria di Porto intercettavano il peschereccio e successivamente procedevano verso il porto di Pozzallo congiuntamente al pattugliatore maltese. Alle ore 12.00 l’imbarcazione veniva fatta entrare in porto e contestualmente il pattugliatore maltese rientrava verso l’Isola dei Cavalieri.
Alle ore 12.40 l’imbarcazione clandestina attraccava in banchina e la Polizia di Stato responsabile delle operazioni di sbarco iniziava le procedure per allocare tutti al C.P.S.A.

Gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Ragusa ed il Servizio Centrale Operativo Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, collaborati da un’aliquota della Sez. Oper. Nav. della Guardia di Finanza di Pozzallo ed un’aliquota della Compagnia Carabinieri di Modica hanno iniziato le indagini sin dai primi istanti dell’approdo del peschereccio, elemento di novità rispetto al fatto che ultimamente i migranti giungevano sempre a bordo di imbarcazioni militari o civili come mercantili e rimorchiatori.
Questo peschereccio ha seguito una rotta che gli ha permesso di eludere i controlli in mare aperto e giungere fino all’isola di Malta dove è stato intercettato da una motovedetta maltese ed ombreggiato fino alle acque territoriali italiane per essere preso in consegna dalle motovedette della Capitanieria di Porto di Pozzallo che lo hanno accompagnato fin dentro al porto.
Per gli investigatori è sicuramente la situazione ideale per iniziare le indagini in quanto hanno la possibilità di perquisire il peschereccio e poter visionare direttamente come erano allocati i migranti a bordo, ad esempio è utilissimo ascoltare sin da subito coloro che erano vicini al timone in quanto per forza di cose devono aver visto il capitano.
Proprio da quest’ultimo elemento le indagini hanno avuto inizio in quanto alcuni giovani eritrei riferivano che uno dei tunisini era quello che più di tutti si era occupato dell’imbarcazione e per questo motivo in presenza dell’avvocato (in quanto persona indagata) veniva ascoltato il presunto scafista.
L’uomo dopo alcune ore di interrogatorio decideva di “vuotare il sacco” ed asseriva: “basta non ce la faccio più, sono io il capitano e loro sono il mio equipaggio, vi dirò tutto ma voglio uno sconto di pena”.
Partendo dalla confessione del capitano gli investigatori hanno ascoltato altri migranti ed anche il resto dell’equipaggio che però si è avvalso della facoltà di non rispondere.
I migranti che hanno pagato 1650$ per raggiungere la Libia ed altrettanto per raggiungere l’Italia hanno riconosciuto il capitano e l’equipaggio descrivendo il compito svolto da ognuno di loro.
Anche in questo caso i testimoni sono stati fondamentali, hanno raccontato di violenze durante la permanenza nei centri di reclutamento in Libia per poter partire per il viaggio da intraprendere per l’Italia.
Al termine delle indagini durate 16 ore gli investigatori hanno appurato che l’organizzazione composta da cittadini libici ha incassato per il solo viaggio verso l’Italia 350.000 circa ed i poveri migranti ormai vengono sfruttati da tutti i paese africani dai quali sono costretti a passare per raggiungere prima la Libia e poi l’Italia.