A sud si muore di più di quanto si nasca. Il 2013 come ai tempi della Grande Guerra

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Nel 2013 al Sud i decessi hanno superato le nascite.
Un fenomeno così grave si era verificato solo nel 1867 e nel 1918 cioè alla fine di due guerre, la terza guerra d’Indipendenza e la prima Guerra Mondiale.

La rilevazione shock è dello Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’Industria del Mezzogiorno), che nel suo studio annuale (qui) sull’economia del Mezzogiorno 2014 – presentato questa mattina al Tempio di Adriano – ha sottolineato che il numero dei nati al Sud ha toccato il suo minimo storico ovvero 177mila, il numero più basso dal 1861.
E neanche le previsioni sono positive: secondo il rapporto, il Sud sarà interessato nei prossimi anni “da uno stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili”. Secondo le stime dell’Istituto nei prossimi 50 anni il Mezzogiorno è destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti.

Entrando nel dettaglio dello studio, si scopre anche che:
La Calabria si conferma la Regione più povera d’Italia con un Pil pro capite che nel 2013 si è fermato a 15.989 euro, meno della metà delle Regioni più ricche come Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Lombardia.
Nel Mezzogiorno la Regione con il Pil pro capite più elevato è stata l’Abruzzo (21.845 euro). Seguono il Molise (19.374 euro), la Sardegna (18.620), la Basilicata (17.006 euro), la Puglia (16.512 euro), la Campania (16.291 euro), la Sicilia (16.152 euro) e la Calabria (15.989 euro).
Più in generale, in termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2013 è sceso al 56,6% del valore del Centro Nord, tornando ai livelli del 2003, con un Pil pro capite pari a 16.888 euro. In valori assoluti, a livello nazionale, il Pil è stato di 25.457 euro, risultante dalla media tra i 29.837 euro del Centro-Nord e i 16.888 euro del Mezzogiorno.

Sempre nelle regioni meridionali, solo il 21,6% delle donne sotto i 34 anni è occupata contro il 43,0% del centro nord e una media nazionale del 34,7%. Il confronto con la media dell’Unione Europea è impietoso. Nell’Europa a 27 le donne sotto il 34 anni che lavorano sono il 50,9%. Le donne che rientrano, o entrano per la prima volta, nel mercato del lavoro, vanno a ricoprire posizioni poco qualificate. Dal 2008 al 2013 le professioni qualificate femminili sono scese dell’11,7%, mentre sono aumentati del 15% i posti di lavoro nelle professioni poco qualificate.

E ancora. Nel 2013 il Pil è crollato nel Mezzogiorno del 3,5%, peggiorando la flessione dell’anno precedente (-3,2%), con un calo superiore di quasi due punti percentuali rispetto al Centro-Nord (-1,4%).
Da segnalare l’ulteriore perdita di posti di lavoro scesi sempre nel Mezzogiorno del 3,8%: tra il 2008 e il 2013 delle 985mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, ben 583mila sono residenti nel Mezzogiorno. Nel Sud, pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani si concentra il 60% delle perdite determinate dalla crisi. Nel solo 2013 sono andati persi 478mila posti di lavoro in Italia, di cui 282mila al Sud.

Infine, al Sud le famiglie assolutamente povere sono cresciute oltre due volte e mezzo, da 443mila (il 5,8% del totale) a 1 milione 14mila (il 12,5% del totale), cioè il 40% in più solo nell’ultimo anno.
Secondo il rapporto, in Italia, dal 2008 al 2012, sono aumentate del 7% le famiglie in stato di “deprivazione materiale severa”, che non riescono cioè a pagare l’affitto o il mutuo, fare una vacanza di una settimana una volta l’anno fuori casa, pagare il riscaldamento, fronteggiare spese inaspettate, e che magari non hanno l’automobile, la lavatrice, il telefono, la TV, e fanno fatica a fare un pasto di carne o pesce ogni due giorni.
In Italia oltre due milioni di famiglie si trovavano nel 2013 al di sotto della soglia di povertà assoluta, equamente divise tra Centro-Nord e Sud (1 milione e 14mila famiglie per ripartizione), con un aumento di 1 milione 150mila famiglie rispetto al 2007.

[ Fonte: Ansa ]