Fumarole, analisi del già sindaco di Vittoria Giovanni Lucifora

248

L’ex sindaco di Vittoria e sociologo, Giovanni Lucifora, interviene sulla questione fumarole e lo fa con un’analisi che traccia l’origine del fenomeno e avanzando alcuni suggerimenti. 

“Le fumarole- scrive- sono nate nel nostro territorio con la pratica della serricoltura che già nel 1965, secondo un mio studio pubblicato sulla rivista ‘Sindacato e Lavoro’ nel 1982, contava 1.000 ettari di produzioni sotto serra, 6.000 lavoratori (oltre agli addetti alla commercializzazione, manipolazione e lavorazione dei prodotti) per complessivi 8.500 addetti. Già nel 1980 gli addetti erano, dopo 20 anni, 18.500 come manodopera diretta e 3.500 impegnati nella commercializzazione, per un totale di 22.000 persone”.

“Le fumarole- continua- sono il risultato della combustione della plastica e di tutti i residui della coltivazione dei primaticci sotto serra sul finire della campagna agraria e l’inizio della nuova e oggi interessano oltre 6.000 aziende e 30.000 addetti. Delle conseguenze sulla salute causate da questa arcaica pratica di smaltimento dei residui della lavorazione agricola nel tempo si è molto discusso. Nei primi anni ’70 la situazione era gravissima. Un mio amico operaio dipendente dall’Enel mi raccontava che i fili dell’alta tensione venivano rinvenuti nel corso dei lavori di manutenzione rivestiti da un sottile strato di materiale appiccicoso dovuto alla ricaduta sul terreno di micro particelle a causa della bruciatura sul campo dei residui plastici. Un convegno promosso dal Partito Comunista sul finire degli anni ’60, animato dall’indimenticabile Prof. Francesco De Pasquale, servì a lanciare l’allarme circa i pericoli per la salute dovuti alla pratica indiscriminata della bruciatura della plastica dismessa e all’uso dei pesticidi che rendevano il microclima delle serre una vera e propria camera a gas. I sindacati, preoccupati per la salute dei lavoratori, già duramente provati dal pesante lavoro in serra, promossero centinaia di assemblee nelle aziende per affrontare e discutere il problema e furono aperte diecine di vertenze aziendali per rivendicare migliori condizioni di lavoro. La mobilitazione servì ad istituire un tavolo di concertazione che vide la presenza dei sindaci della zona trasformata, la provincia, i deputati regionali e nazionali, la Prefettura, l’ispettorato del Lavoro, l’Ispettorato agrario e gli organi preposti della Regione Sicilia. Quel tavolo di concertazione seppe individuare delle soluzioni che da lì a poco portarono alla nascita delle aziende preposte alla raccolta e al riciclaggio della plastica dismessa evitando, per un lungo periodo, il peggioramento delle condizioni ambientali in tutta la zona trasformata”.

“Oggi- dichiara ancora Lucifora- il problema si ripropone in tutta la sua drammaticità e i cittadini hanno ragione a lamentarsi perché è in pericolo la nostra salute”. Secondo Lucifora, però, “non è con la repressione che il problema può essere risolto. Non si può continuare ad inveire contro 6.000 aziende che, tra l’altro, aspettano che qualcuno trovi soluzioni efficaci. Si promuova un tavolo di concertazione attorno al quale far riunire tutti gli attori istituzionali”.

“Abbiamo un senatore, deputati regionali e nazionali, sindaci di lungo corso e di provata esperienza, le organizzazioni professionali, i sindacati dei lavoratori, l’azienda sanitaria, la Provincia, la SRR, l’Ispettorato agrario e l’ispettorato del lavoro. Si chiudano dentro una stanza– conclude Lucifora- ed escano solo quando avranno trovato le soluzioni come prevede la legge. Lo devono ai lavoratori, ai cittadini che pagano le tasse, alle aziende che mantengono viva l’economia. Occorre creare dei centri di stoccaggio, individuare ditte sane (non mafiose) autorizzate allo smaltimento con le quali stipulare convenzioni, trovare risorse finanziarie, promuovere organismi di monitoraggio e controllo. Non invettive, ma opere di intelligenza”.