Ritorsioni sulla famiglia di un collaboratore di giustizia: arrestati 4 membri della Stidda

41

La Squadra Mobile di Ragusa, in collaborazione con il Commissariato di Polizia di Vittoria e con la Squadra Mobile di Roma, ha eseguito nel Lazio ed in Sicilia quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Catania.
Le persone in stato di custodia cautelare sono i vittoriesi Giovanni e Gaetano Latino, fratelli di Vincenzo Latino, reggente del clan mafioso della stidda di Vittoria ed attualmente detenuto in regime di art. 41 bis) e i membri del clan Marco Giurdanella e Innocenzo Di Giovanni.
I quattro sono ritenuti responsabili di reiterate minacce ai familiari del collaboratore di giustizia Giuseppe Doilo, poste in essere tra il gennaio ed il febbraio di quest’anno, al fine di costringerli ad abbandonare le loro abitazioni ed Il territorio del Comune di Vittoria in quanto “non graditi’.
Significativo, inoltre, è il fatto che Giurdanella era nel frattempo sottoposto a misura di prevenzione con obbligo di soggiorno.
Il 23 gennaio Doilo aveva manifestato l’intento di collaborare con la giustizia, iniziando a tracciare il quadro delle sue conoscenze riguardo alle attività illecite dei gruppo mafioso della stidda. L’importanza della collaboratore del Doilo è legata al fatto che rivestiva un ruolo apicale all’interno della famiglia della stidda di Vittoria, ed era anche genero del reggente Vincenzo Latino.
Già nell’immediatezza della collaborazione venivano posti in essere degli atti intimidatori contro Il neo collaboratore. In particolare veniva data alla fiamme, da ignoti autori, l’autovettura del padre di Doilo.
Nel gennaio 2013 la moglie del collaboratore decideva di rinunciare al programma di protezione e rientrava a Vittoria, venendo ospitata dalla madre (moglie Latino). Tale episodio veniva considerato come un gravissimo affronto da parte dei fratelli di Latino e degli altri affiliati alla stidda, al punto da portare ad una reazione violenta nei confronti non solo della moglie del collaboratore, ma anche della madre della stessa in quanto si era “permessa di dare ospitalità alla moglie di un infame”.
Da qui una serie di minacce telefoniche ai danni della moglie del collaboratore e della madre, che furono costrette ad abbandonare la loro abitazione e ad allontanarsi da Vittoria, venendo entrambe inserite nel programma di protezione. La condotta veniva posta in essere con metodo mafioso” e con modalità tali da indicare la volontà di riaffermare il predominio del clan anche all’interno dei rapporti familiari (e di colpire indirettamente Il collaboratore di giustizia Doilo). L’esecuzione delle misure cautelari in questione costituisce un’importante ed immediata risposta ad un’azione abietta, posta in essere nei confronti dl persone indifese, nel tentativo di imporre con la violenza il predominio del gruppo mafioso nei confronti di chi si permette di reagire.