Fermato uno scafista tunisino

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La Polizia di Stato di Ragusa – Squadra Mobile – unitamente alla Compagnia dei Carabinieri di Modica ed alla Tenenza della Guardia di Finanza di Pozzallo, ha eseguito il fermo di BEN YAHYIA Lamjed nato in Tunisia l’10.08.1964 in quanto responsabile del delitto previsto dagli artt. 416 C.P. e 12  D.Lgs.vo 25.7.1998 nr. 286,  ovvero si associava con altri soggetti al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di varie nazionalità.

In data 18.02.2014 al porto di Pozzallo (RG) giungevano due imbarcazioni militari che avevano soccorso in mare (OPERAZIONE MARE NOSTRUM), un natante con 269 extracomunitari di diverse nazionalità (nigeria, marocco, tunisia, somalia, eritrea ed etiopia).

I migranti narravano di essere partiti 10 giorni prima a bordo di una fatiscente imbarcazione e che viste le condizioni del mare, nel pomeriggio del 15.02.2014, gli scafisti richiedevano soccorso mediante sistema di telefonia satellitare.

Effettivamente, la Centrale Operativa della Capitaneria di Porto di Palermo riceveva una telefonata da parte di un soggetto il cui accento lasciava capire che era un cittadino extracomunitario, il quale, dopo aver riferito di trovarsi a bordo di un’imbarcazione con altri soggetti, chiedeva di essere soccorso in mare. La breve conversazione si interrompeva. Tale segnalazione veniva comunicata a più Capitanerie di Porto e tra queste a quella di Catania, segnalazione questa che indicava la posizione del natante a circa 50 miglia a sud di Lampedusa. Il 16 febbraio decorso, l’elicottero King 23 della nave militare S. Giorgio avvistava l’imbarcazione con i migranti in seria difficoltà. Alle ore 14.40 dello stesso giorno la nave Aliseo della Marina Militare agganciava l’imbarcazione clandestina e trasbordava su di essa tutti i 269 migranti di cui 29 donne e 41 bambini.

L’intervento successivo da parte   di due motovedette della Capitaneria di Porto di Pozzallo e di una del Gruppo Aeronavale di Messina serviva all’ulteriore trasbordo su di esse di tutti i clandestini che venivano trasferiti nel sito portuale di Pozzallo ove giungevano i primi alle ore 18.30.

Tutti gli extracomunitari venivano affidati al Comitato d’accoglienza e successivamente ospitati presso i locali del C.P.S.A. sito all’interno della succitata area portuale al fine di sottoporli alle procedure di identificazione da parte di personale del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica e dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa.

Dopo aver soccorso ed assistito i migranti, la Polizia di Stato iniziava le procedure di identificazione e di intervista dalle quali emergeva la loro paura per la presenza degli scafisti ancora tra loro.

Dopo un’attenta opera di convincimento alcuni migranti riferivano alla Polizia Giudiziaria del gruppo interforze che si occupa delle indagini, le modalità del loro viaggio della speranza e dei rischi occorsi durante la traversata.

Tutti i migranti ascoltati come testimoni riferivano di aver deciso di fuggire dai loro paesi d’origine in quanto le condizioni di vita erano terribili, tra guerre civili e dittatura. Una volta deciso di scappare, la strada “obbligatoria” è quella di andare in Libia dove le organizzazioni criminali locali si occupano di reclutare i poveri disperati ed in cambio di circa 4.000 euro li mettono su imbarcazioni precarie per far raggiungere le acque internazionali dove poi chiedono soccorso in modo preordinato e strumentale.

L’esperienza e la professionalità degli investigatori della Polizia ha permesso dopo lunghe ore d’indagine di addivenire all’esatta identità dell’odierno fermato, responsabile di aver percepito ingenti somme di denaro al fine di procurare l’ingresso clandestino in Italia dei migranti messi in serio pericolo di vita considerate le condizioni dell’imbarcazione utilizzata per la traversata. I testimoni dopo aver fornito un’attenta descrizione dei responsabili dell’organizzazione criminale, indicavano senza alcun dubbio colui che aveva condotto l’imbarcazione, elemento di una complessa associazione a delinquere.

L’uomo non pago di quanto già guadagnato aveva pure escogitato un sistema per percepire le somme di denaro a conclusione dell’avvenuto viaggio ed anche per eludere le indagini degli investigatori così da non essere trovato in possesso di molto denaro e non destare sospetto. Il tunisino difatti aveva percepito in Libia una parte dei 4.000 euro e la restante parte se la faceva consegnare dai migranti una volta giunto in Italia.

Le indagini condotte dal Gruppo Interforze (composto da Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza) che per ogni sbarco procede alle indagini senza sosta, ha permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto l’autore di un reato così grave, per il quale centinaia sono i migranti morti durante le traversate per raggiungere le coste italiane.

Inoltre la Polizia Scientifica forniva un fondamentale elemento di prova a carico dell’arrestato, considerato che lo stesso era l’unico dei 269 migranti ad essere stato identificato in Italia, elemento che porta  a sostenere che diverse volte si era già introdotto a bordo di natanti fingendosi migrante (quando invece era uno degli scafisti), per poi far rientro in patria ed organizzare un nuovo viaggio della speranza.

In corso complesse indagini con i gruppi di investigatori presenti in territorio estero sugli altri componenti dell’associazione a delinquere di cui l’odierno fermato è solo uno dei componenti.