La Sicilia non è un paese per donne: una su 10 al top delle società pubbliche

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Gli esperti e quelli che la sanno lunga lo chiamano “soffitto di cristallo”. E sta a indicare tutto l’insieme di barriere sociali, culturali e psicologiche che si frappone come un ostacolo, all’apparenza invisibile, al conseguimento della parità dei diritti e alla concreta possibilità di fare carriera nel campo del lavoro per categorie storicamente soggette a discriminazioni, a cominciare dalle donne.

E in Sicilia, il “soffitto di cristallo” è un ostacolo, neanche troppo invisibile, e soprattutto insormontabile.
Una su 10: questa è infatti la percentuale di donne siciliane che si trova negli organi di amministrazione e controllo delle 4 mila società non quotate in cui uno o più enti delle pubbliche amministrazioni detengono una partecipazione superiore al 50%.

Secondo il monitoraggio condotto dal Dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri (qui il pdf),  in collaborazione con la società Cerved Group Spa, in Italia sono solo 1.795 le donne che siedono al top delle società pubbliche, pari al 14,7% del totale. Percentuale che si riduce di molto se guardiamo solo la Sicilia, che da questo punto di vista ha il primato al contrario.

Una quota ancora lontana dunque da quanto previsto dal regolamento attuativo della legge Golfo-Mosca sulla parità di accesso agli organi delle società controllate da pubbliche amministrazione e non quotate, che stabilisce, per il primo mandato, che la quota riservata al genere meno rappresentato sia pari ad almeno un quinto (20%) del numero dei componenti del cda.

Non solo. La legge prevede un aumento progressivo della presenza femminile nel top mangement pubblico e impone che la nomina degli organi di amministrazione e di controllo, “ove a composizione collegiale”, sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti (33% circa) di ciascun organo.

I dati del monitoraggio fotografano anche una forbice territoriale molto accentuata. L’analisi in relazione a ciascuna regione italiana e nelle tre ripartizioni geografiche (Nord, Centro, Sud e Isole) ci dice chiaramente che a farla da padrone è il Nord con una maggior presenza sia assoluta che percentuale di donne nelle società: in termini numerici infatti su un totale di 1.795 donne ai vertici, ben 1.020 si trovano in società del Nord Italia. Al Centro ci sono invece 428 amministratici, mentre in tutto il Sud e Isole sono solo 347.

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Incredibili i dati della Sicilia. Il monitoraggio spiega che “mentre per i valori assoluti le differenze sono consistenti soprattutto a causa delle differenti dimensioni economiche delle tre Italie”, le differenze nelle percentuali (vale a dire l’incidenza della componente femminile all’interno dei cda ndr) non sono complessivamente di grande rilievo, con una differenza complessiva tra Nord e Sud inferiore a tre punti percentuali”.
Infatti la media di presenza femminile al Nord è di 15,3%, al Centro di 14,9%, al Sud e Isole del 12,7%.

Analizzando i dati delle singole regioni, si notano situazioni di “eccellenza” per la presenza di donne ai vertici delle società pubbliche al Nord e al Centro. Al top ci sono Liguria con il 17,9% di amministratrici, Emilia Romagna 17% e Toscana 16,9%, mentre la situazione particolarmente critica si registrano in Sicilia, con una percentuali abbondantemente sotto la media nazionale, addirittura al 10,5%. La Sicilia è maglia nera, poi la Calabria con l’11,7%.

E le cose non cambiano per gli organi di controllo delle società pubbliche, con 700 sindaci effettivi donne e 613 supplenti al Nord, contro i 308 e 257 del Centro e i 246 e 191 di Sud e Isole.