Mentre i ragazzi delle scuole superiori sono alle prese con la prima prova, tra le quali c’è un tema proprio sul valore del paesaggio, a Palazzo dell’Aquila si discute di petrolio e cemento. Sì, perchè la parola tutela del paesaggio, nell’esame dell’articolo 48 delle norme tecniche di attuazione del Prg, non si sognano di pronunciarla nemmeno.
Eccezion fatta per Giovanni Iacono e Giorgio Massari (anche Carmelo Ialacqua è da sempre convintamente ambientalista), il resto dell’opposizione mira solo a un risultato. Anzi due. Il primo, in realtà comune, mettere a nudo le fragilità dei 5 stelle, che son rimasti senza in numeri in aula. Non sono riusciti neppure a ottenere una sospensione, sono andati ko due volte. Opposizioni – 5 stelle, quindi, due a zero.
E l’altro obiettivo? Oggi lo spiega chiaramente il movimento politico ‘Insieme’. “A Insieme, invece, interessa regolamentare la materia delle edificazioni in verde agricolo e quella inerente la possibilità di procedere a nuove attività estrattive in verde agricolo senza particolarismi nell’interesse generale di una comunità che vuole svilupparsi in maniera eco sostenibile”.
I due imperativi: trivellare e edificare. Cemento e petrolio, in due parole, ma con delle regole e senza esagerare (rispetto al passato quando si costruiva con cemento a fiumi).
La partita si gioca proprio sull’oro nero. Perchè sulle cementificazioni in zona agricola il piano paesaggistico pone già un evidente argine, basta metter qualche altra norma più restittiva (si può fare? Sì, lo ha messo nero su bianco il segretario generale che ha risposto all’elenco di cavilli presentato da Tumino) e la ‘partita’ è chiusa. Semmai, poi, occorrerà un braccio di ferro per farle rispettare quelle norme.
L’oro nero, dicevamo. La questione è sottile. Petrolio non olet, parola di Sblocca Italia. E allora? I Comuni non possono stabilire che nei propri territori alcune aree siano immuni da trivellazioni?
Il piano paesaggistico dà una mano ai no triv, ma solo una (se non mezza). In pratica, sembra l’orientamento prevalente anche tra i sostenitori di un intervento a tutela del paesaggio, il ‘no’ generalizzato sarebbe impossibile (Renzi e Crocetta sull’oro nero non vogliono sentire ragioni). E allora? Un intervento per vietarle in alcune aree (questo già il piano paesaggistico lo prevede) e una serie di limitazioni per concessioni in altre. Di più non si potrebbe.
Il confronto in aula è rimasto circoscritto a Maurizio Tumino, preparatissimo sulla materia (sfodera documenti, pareri, sentenze da far impallidire il più esperto paesaggista e il più titolato degli avvocati), Giovanni Iacono (che sul piano paesaggistico e contro le costruzioni in zona agricola c’ha fatto anni di battaglie, e che ora vuol capir meglio come muoversi per evitare che la modifica risulti poi inefficace) e Giorgio Massari. Non è ambientalista intransigente, ma sulla necessità di un’adeguata tutela del paesaggio (compatibile con lo sviluppo) ha le idee chiare e vuol centrare il ‘risultato’.
E’ stato lui a chiedere, e ottenere, una settimana di tempo per rivedere la delibera tanto contestata. C’è un mucchio di carte: la proposta della giunta, il maxi emendamento a firma dell’assessore Corallo, le precisazioni del segretario generale.
Le opposizioni, dicevamo, l’hanno spuntata: ko i 5 stelle sul rinvio. Ma sul contenuto degli emendamenti riusciranno a trovare una sintesi? L’imperativo edificazioni e trivellazioni di ‘Insieme’ raccoglierà il placet di Iacono, Ialacqua, Massari e Castro?
E i 5 stelle? In questa vicenda praticamente non pervenuti. Hanno approvato la delibera, è vero. E poi? Si sono squagliati in aula, con defezioni, tentennamenti, silenzi assordanti. In due sedute nessuno ha preso la parola, in ore e ore di battibecchi (monologhi per la verità tra Tumino, Lo Destro e dintorni) per dire: noi vogliamo la tutela del paesaggio. Stop al consumo del suolo, stop alle trivellazioni.
L’unico provvedimento davvero grillino (tant’è che i più, nell’opposizione, si dicono certi si tratti di una sorta di ‘trofeo’ da consegnare a Di Maio perchè si possa dire che a Ragusa non si spirtusa) rischia di trasformarsi in una Caporetto. Una cartina al tornasole della situazione dei pentastellati ragusani, anche se è difficile capire le posizioni almeno in maniera netta.
Un dato, comunque, è certo: la posta in gioco è alta e non tutti i consiglieri sembrano aver capito la portata del provvedimento. Il nervosismo in aula lo conferma, insieme ai silenzi della stragrande maggioranza dei consiglieri che ripetono, ai rispettivi referenti capo ‘fazione’: c’ama fari? Chi vutamu?
E i Ragusani? A eccezione dei lavoratori del settore estrattivo, che ragionevolmente sono gli unici a essere titolati ad avere qualche preoccupazione, in aula non si è visto nessuno.
La tutela del paesaggio? Rimane un’immagine rassicurante, buona per farci il tema degli esami di stato.