‘Voci femminili nella Donnafugata del XIX secolo’, il Castello miniera di piccoli tesori

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fonte guidasicilia.it

Diecimila volumi raccolti in un periodo che va dai primi decenni dell’800 fino al agli inizi del ‘900, quando l’antico maniero passò in eredità al visconte Combes de Lestrade. Il piccolo «tesoro» di Donnafugata, finalmente visibile dopo tanti anni di chiusura, è la biblioteca dei tre baroni. Grazie al lavoro dell’architetto Nuccio Iacono e del suo staff, antiche memorie dimenticate pian piano riacquistano dignità e soprattutto vengono messe a disposizione di chi, nell’era del silicio, non resiste al fascino della carta.

Il censimento e la sistemazione, opera iniziata a partire dal 1990 a cura del dottor Mariano Pepi, prosegue tutt’oggi sotto la direzione della responsabile della biblioteca Civica. «Oltre 10.000 volumi censiti, prevalentemente dell’Ottocento e costituiti tra l’altro da collane editoriali, enciclopedie, lettere e libri contabili – spiega l’architetto Iacono -, i quali gettano chiara luce sulla vita quotidiana all’interno dell’antico maniero».

Iacono e i suoi collaboratori hanno scelto un tema che stuzzica l’interesse, accende la fantasia e la curiosità, apre le «porte» della storia del palazzo in modo originale. La mostra «Voci femminili nella Donnafugata del XIX secolo» è un piccolo capolavoro di ricerca attenta dei volumi, di composizione all’interno degli espositori, di indicazioni testuali.

«Risulta essere importante l’attenzione riservata da Corrado Arezzo nei confronti della “questione femminile” che proprio a partire dall’Ottocento cominciò a delinearsi sotto una nuova composizione emancipazionistica, affiancata da un inedito immaginario “romantico” anti-tradizionale. Risale a questo periodo difatti – spiega Iacono – lo scardinamento di modelli istituzionali e comportamentali femminili che permisero alle intellettuali di appropriarsi, con maggiore coscienza, degli spazi del sapere finora preclusi, quali salotti culturali, gruppi associazionistici, redazioni giornalistiche e più in generale ambiti editoriali quasi del tutto inaccessibili».

E il barone di Donnafugata non rimase «estraneo» a questo cambiamento. «La curiosità intellettuale dell’Arezzo – precisa l’architetto Iacono – lo condusse, attraverso uno scatto in avanti, a raccogliere nella propria biblioteca le maggiori rappresentanti di quella letteratura siciliana, espressione creativa di un sentire muliebre finora inespresso. Tra le liriche di Rapisardi e di Meli, trovarono una dimensione fisica e una liceità di esistenza un pantheon di letterate le cui peculiarità di superficie risultarono essere la comunanza allo stesso sesso, quello femminile, alla stessa regione geografica, la Sicilia, e spesse volte alle stesse ideologie: esaltazione della patria e dei sentimenti antiborbonici, celebrazione dei valori familiari e donneschi, libertà di scrittura, volontà di autodeterminazione oltre che il desiderio d’indipendenza da un contesto socioculturale gerarchizzato e misogino».

Come suggerisce lo studio dei curatori della mostra, la prima ad «aggirarsi tra le stanze di questo tipo di letteratura» fu la poetessa Rosina Muzio Salvo, probabilmente nota al barone grazie alla biografia che Giuseppe Pitrè traccio sulla sua opera. Con la poetessa e traduttrice palermitana Giuseppina Turrisi-Colonna il barone Arezzo era semi imparentato, e ne apprezzò le opere. «Familiari – rileva il curatore della mostra – dovettero risultare all’Arezzo le liriche eroiche della nobile poetessa, di chiara matrice liberale e antiborbonica, vol-te ad un’esaltazione della coscienza sociale e politica dell’uomo, inteso come espressione massima di quel sentimento di civitas che fu di ispirazione per il riscatto territoriale e generazionale siciliano, prodromico alle rivolte quarantottine, prima, e all’Unità nazionale poi».

E Iacono conclude: «All’interno del tempio letterario del barone che fu la biblioteca del castello di Donnafugata, trovò presto accoglimento un’altra misconosciuta rappresentante della letteratura femminile siciliana del XIX secolo, la romanziera e poetessa messinese Letteria Montoro. Dopo aver seduto sugli scranni parlamentari durante l’esperienza politica a Palermo, Corrado Arezzo dimorò a lungo a Messina tra gli anni che separarono la riconquista borbonica dell’Isola e l’Unità nazionale del 1861».

Come una «miniera», il Castello, finalmente al centro dell’attenzione dopo anni di semi abbandono, restituisce pian piano, grazie a competenti e appassionati esperti, affascinanti frammenti di storia.

[Fonte Giornale di Sicilia]