‘Io e Sanremo’… di Giulia Scirè (Quarta serata)

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Farò una confessione: la serata dei duetti è in assoluto quella che preferisco.
La sperimentazione e la contaminazione, le voci che si mescolano rendono sempre (o quasi) le canzoni un po’ più belle.

La verve di Baglioni nell’annunciare ospiti e cantanti è la stessa di mia madre, quando con amare rassegnazione, mi supplicava di mettere in ordine la cameretta.

Virginia Raffaele si destreggia in questo festival, ma non basta la sua bravura a trascinare gli altri due.
Il monologo di Bisio non regge il confronto con il sublime Favino dello scorso anno, non lo avrei proposto.

LIGABUE. Sorvolerò sull’imbarazzante siparietto. Pessima scelta, caro Luciano, quella di cantare il nuovo pezzo e subito dopo uno dei tuoi di repertorio. Il paragone non regge, da nessun punto di vista: musicalmente di un altro livello, il testo su un altro emisfero. E anche tu, in fondo lo sai. L’entusiasmo infatti non era lo stesso.

ANASTASIO. Merita di entrare da ospite in questo Festival. La sua capacità di incastrare le parole in rima mette quasi a disagio. Disarmante.

Federica Carta e Shade con Cristina D’Avena. Immagino un Kiss me Licia in versione 2.0, con i protagonisti attaccati all’ultimo modello di smartphone a litigare e fare pace. La sigla c’è già.

Motta con Nada. Il connubio si fa apprezzare più che volentieri e la canzone assume nuove forme. Non male.

Irama con Noemi. Ma perché non hanno partecipato dall’inizio insieme?
Sporchi e imperfetti, hanno cantato con una intensità e una forza quasi disperata da rendere l’esibizione una vera potenza. Peccato non vederli di nuovo insieme domani.

Patty Pravo e Briga con Giovanni Caccamo. Mi sono confusa. Sembrano tre buttati a caso. Troppe cose insieme, troppe voci sovrapposte che creano solo un gran caos. Non approfittano nemmeno per realizzare armonie. Occasione sprecata.

Negrita con Enrico Ruggeri e Roy Paci. Altro esempio di come un featuring possa rendere la canzone una sfumatura di bei colori. Roy Paci una chicca.

Il Volo e Alessandro Quarta. Sono coreografati anche nell’ingresso. Scendono le scale in coreografia. Si muovono sul palco in coreografia.
Manco le nuotatrici sincronizzate!
Violinista superlativo, peccato sia capitato li in mezzo.

Arisa con Tony Hadley e Kataklò. Decisamente migliore questa versione un po’ italiana, un po’ inglese con le percussioni tribali. Ottima scelta.

Mahmood con Gue Pequeno. Non migliora e non peggiora. Forse perché per me la canzone è assolutamente nulla.
Ma avrà successo, purtroppo.

Ghemon con Diodato e Calibro 35. Un punto in più a questo pezzo che cresce ascolto dopo ascolto. Bel connubio di voci con sfumature ancora più blues.

Francesco Renga con Bungaro, Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel.
Un’altra faccia a questa canzone. Più elegante e intima.

Ultimo con Fabrizio Moro. Mi aspettavo un armonizzazione maggiore, qualche contro canto in più. Ma la loro esibizione è intensa, a tratti struggente. Il legame di amicizia sincero è evidente a tutti e ne esce fuori una performance davvero emozionante.

Nek con Neri Marcorè. Sembra un altro pezzo rispetto a quello sentito nelle sere precedenti. Quando un dettaglio fa davvero la differenza.

Boomdabash con Rocco Hunt e Musici Cantori di Milano. Siamo appena a metà della serata e confesso che avevo assoluto bisogno di svegliarmi un attimo. Quindi menomale che sono entrati sul palco!

The Zen Circus con Brunori Sas. Ecco, forse se la canzone l’avesse cantata fin dall’inizio Brunori Sas, avrebbe avuto tutto un altro effetto.

Paola Turci con Beppe Fiorello. Introspettivo ed elegante. D’élite.

Anna Tatangelo con Siria. Le loro voci si sposano benissimo insieme. Una performance vocale ineccepibile. Ma non si va oltre.

Ex- Otago con Jack Savoretti. Non cresce ascolto dopo ascolto. È calata nel contesto, ma non spicca per niente.

Enrico Nigiotti con Paolo Jannacci e Massimo Ottoni. Una meraviglia. Un connubio strepitoso. Voce e pianoforte con gli archi che aprono e supportano la voce e gli occhi lucidi.

Loredana Bertè con Irene Grandi. La voglio sul podio. Bella sintonia con Irene Grandi che però non dona al pezzo qualcosa in più: non ha la disperazione e la rabbia di Loredana.

Daniele Silvestri con Manuel Agnelli. Alternativi nel testo. Nell’arrangiamento. Nel connubio di voci e di stili. Meritano tanto.

Einar con Biondo e Sergio Sylvestre.
Ma non sarebbe stato meglio far partecipare Sergio?!

Simone Cristicchi con Ermal Meta. Sono due grandi artisti. Intensi e profondi ognuno a suo modo. Ma la canzone di Cristicchi può cantarla solo lui donandole quell’aura di preghiera che commuove.

Livio Cori e Nino D’Angelo con Sottotono.
Riascoltandola forse non è da cestinare. Ma probabilmente sono solo molto stanca.

Achille Lauro con Morgan. Ora, quando dissi che voleva imitare altri intendevo proprio questo: osservando e ascoltando Morgan, potrebbe benissimo averla già cantata anni fa questa canzone. O no?!