Piccitto: “Non mi candido alle Europee, in M5S grave crisi di valori. Territori abbandonati”

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«Non ho presentato la candidatura on line per le europee. Non aveva senso, in un contesto in cui nel Movimento non c’è stato alcun dibattito, e di conseguenza nessuna idea concreta, su come riformare l’Unione Europea e quale ruolo l’Italia avrebbe dovuto giocare in tale processo, esserci ma senza avere idea di cosa fare, di quali concreti progetti e idee portare avanti per la crescita del nostro paese non fa parte del mio modo di vivere l’impegno politico per la comunità. Io credo che prima di ogni cosa sia indispensabile una seria discussione, un ampio dibattito interno, sulle posizioni da assumere sulle grandi questioni, sulle azioni più urgenti da portare avanti, solo dopo si individuano le persone che possono incarnare e portare avanti al meglio quelle azioni e quei progetti. Diversamente tutto diventa solo un fatto personale, della singola persona, estemporaneo, magari utile per qualcuno a trovare un lavoro o per migliorare la propria posizione, ma questo è l’esatto opposto di ciò che sin dall’inizio ha messo attorno al Movimento tanti di noi».

A parlare è Federico Piccitto, il primo sindaco siciliano per il Movimento 5 stelle, e indicato da tanti come uno dei possibili candidati per le elezioni europee. Piccitto non si era ricandidato alle elezioni amministrative dello scorso anno e i grillini avevano perso al ballottaggio con l’esponente del centrodestra, Peppe Cassì. Appena un paio di giorni fa un altro esponente dell’ex giunta pentastellata, Stefano Martorana, aveva annunciato il sofferto addio al Movimento. «I fatti delle ultime settimane mi hanno indotto, con sempre più insistenza, a chiedermi se avesse ancora senso continuare a sostenere un Movimento che, in questi mesi, e segnatamente dalla formazione del Governo Conte, ha cambiato connotati e valori di riferimento. La votazione del Senato, che nega l’autorizzazione a procedere contro Salvini, accusato di sequestro di persona aggravato per la questione della nave Diciotti, conferma il definitivo abbandono dei principi fondamentali che avevano ispirato la nascita del Movimento, a beneficio dei tanti ministri, sottosegretari e parlamentari che avrebbero rischiato, con la probabile caduta del Governo, di lasciare i rispettivi incarichi e tornare a casa». Questa la dichiarazione di Martorana.

Piccitto parla di «perdita importante». E aggiunge: «Non gli si può dare torto, davvero stiamo vivendo una situazione di crisi valoriale profonda che trascina con se anche un serio problema d’identità». Sul voto per il «caso Diciotti», l’ex sindaco ribadisce: «Non si trattava di una mera questione giuridica ma politica, rispetto alla quale per salvare il governo ci si è discostati da principi che fanno parte del nostro modo di vivere il servizio alla comunità. Quando hai un ruolo, ottenuto ribadendo alcuni principi, non puoi derogare per mantenere una posizione, devi sempre mettere in conto di cadere ed avere la libertà di chiudere l’esperienza anticipatamente pur di mantenere coerenza e non perdere la propria identità. Lì c’era una questione fondamentale da ribadire: siamo tutti uguali di fronte alla legge, cittadini, sindaci, ministri, nessuno (nemmeno un membro del governo è al di sopra di essa). Al di là di ciò che veniva contestato a Salvini, la questione di fondo era questa: il mettersi a disposizione della magistratura, così come hanno fatto e fanno ad esempio tanti nostri sindaci. In politica come nella vita fare la cosa giusta non vuol dire fare sempre la cosa che rende felici».

Piccitto è pessimista: «È una situazione che mi pesa molto, ho investito molto del mio tempo e delle mie energie, anche negli ultimi mesi per il Movimento ma la stanchezza comincia ad affiorare e non si vede ancora luce in fondo al tunnel». A differenza di Martorana, Piccitto non lascia il movimento, ma spera ancora in un cambio di rotta. Senza sottacere i problemi.

«I territori, i gruppi, gli amministratori locali – spiega – sono stati progressivamente dimenticati e abbandonati a se stessi. E se non si curano queste realtà, che sono l’ossatura di qualunque movimento politico, si cade a pezzi. Molti dei sindaci e dei consiglieri comunali sono allo stremo delle forze, spesso non hanno un riscontro alle richieste che vengono dai loro territori e non ricevono supporto adeguato. Se non ci si struttura bene ed in fretta si rischia di sparire dai territori, molti sindaci e consiglieri già adesso, pur potendolo fare, decidono di non proseguire l’esperienza politica per un secondo mandato. Manca il collante tra le persone per un progetto politico forte in mancanza del quale le realtà locali si muovono in maniera disomogenea l’una dall’altra quando riescono a fare sintesi e a superare da sole faide e lotte interne intestine. Non ci si può aprire alla società civile se molto spesso non si riesce a trattenere nel Movimento le tante persone in gamba che ci sono e che sono una risorsa importante e di cui troppo spesso si è fatto a meno con leggerezza. Non si possono seguire costantemente Salvini e la Lega su tematiche che non sono quelle del Movimento, è un giocare al ribasso. In questo senso se non si cambia rotta, c’è il rischio di una slavina. L’agenda politica è dettata dalla competizione elettorale con la Lega e purtroppo spesso scade nel chi la spara più grossa: non c’è un discorso organico».

E se qualche deputato, anche locale, è un fiume in piena di comunicati stampa e post su facebook, Piccitto taglia corto: «Per me la politica non è fatta di annunci, non è merchandising, la politica è dare risposte concrete ai problemi della comunità, è trovare soluzioni reali alle istanze dei territori. Vedo un eccesso di “annuncite”, in alcuni casi cronica, e questo alla lunga diventa un problema, perché genera sfiducia nella politica».