Carmelo Chiaramonte è un uomo libero. Ecco come stanno (davvero) le cose

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Foto di Lorenzo Sammito

Carmelo Chiaramonte lo conoscono tutti: di lui si conoscono il talento, lo stile, la passione, la profonda conoscenza della cucina che ne ha fatto uno dei grandi ambasciatori della Sicilia nel mondo. Molti ne conoscono anche l’istrionismo, l’eccentricità, la libertà nel condurre una ricerca che è sempre stata l’essenza stessa del suo lavoro.

Libertà che ha rischiato di costargli cara, giovedì scorso, quando i Carabinieri di Pedara si sono presentati nel suo studio ai piedi dell’Etna – una biblioteca-laboratorio dove da sempre approfondisce gli aspetti culturali e le possibili evoluzioni della cucina contemporanea – convinti che ci avrebbero trovato della droga. E alla prima richiesta, Carmelo Chiaramonte ha in effetti indicato di sua spontanea volontà le due piante di cannabis che coltivava nell’orto e le bocce con le olive, il caffè e il tonno contenenti cannabis, frutto di una sperimentazione che – come ha subito spiegato – da tempo sta conducendo per studiare la possibilità dell’utilizzo alimentare della marjuana a scopi terapeutici. I militari lo hanno subito arrestato, ma dopo poche ore il giudice gli ha restituito la libertà in attesa del processo, nel quale sarà accusato solo di coltivazione di cannabis, dato che sull’iniziale capo di imputazione relativo alla commercializzazione di alimenti alterati non sono stati ritenuti sussistenti gli indizi.

Con la sua profonda conoscenza delle materie prime e l’approccio sperimentale e innovativo a tutti noto (e ampiamente documentato dalla rassegna stampa che copre tutta la sua carriera), Chiaramonte ha sempre condotto importanti studi sull’origine e sulle proprietà degli alimenti. Con il suo personaggio del “Cuciniere errante” ha portato in tutto il mondo – come lui stesso afferma – “la cucina la tradizione gastronomica secondo le sfumature aromatiche dei dialetti ed il gusto dei popoli del Mediterraneo”: la gastronomia di sempre, dal 3° secolo a.C. fino ai piatti contemporanei. Basta fare un giro su internet e digitare il suo nome per rendersi conto della sua fama internazionale, passando dalle trasmissioni del Gambero Rosso alle interviste del The Culinary Institute of America. Autore di moltissimi autorevoli libri sulle materie prime – l’arancia, il tonno, i funghi , i formaggi –  e nemico giurato del “cibo seriale”, Chiaramonte cura da 30 anni una lunga ricerca della biodiversità marina e terrestre e in questa fase sta approfondendo anche le proprietà benefiche e terapeutiche di tutti i cibi.

Nell’ultimo anno ha infatti partecipato da relatore a numerosi convegni nazionali e internazionali sul tema dei regimi alimentari dei malati oncologici. Proprio in questo contesto lo chef Chiaramonte ha approfondito – in linea con un filone di ricerca internazionale non certo sconosciuto al dibattito pubblico, medico, sociale e politico – gli aspetti relativi all’effetto della cannabis nella terapia del dolore e in particolare gli aspetti legati agli effetti della sostanza tramite la somministrazione alimentare.

[Fonte La Sicilia]