Quelle saracinesche rimaste alzate mentre la città piangeva Antonio

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Questa riflessione nasce dal sentire comune. Molti cittadini infatti si sono chiesti perché il giorno dei funerali di Antonio Aurnia non sia stato proclamato il lutto cittadino. Ebbene il sindaco non ha ritenuto opportuno indire il lutto cittadino? A questo punto ci si sarebbe aspettato un ‘segno’ adeguato da parte del Consorzio Polocommerciale, quel Consorzio che oggi esiste grazie ad Antonio Aurnia e di cui fanno parte alcuni commercianti che ai tempi in cui si realizzava questo ambizioso progetto magari lo avranno avuto come esempio imprenditoriale. Oggi per ricordare un uomo perbene come Antonio Aurnia si è invece deciso di chiudere per 15 minuti le casse, e dico quindici minuti, solamente le casse dei negozi. Niente saracinesche abbassate, troppa fatica, e soprattutto troppe perdite. Siamo sotto Natale, la gente deve fare i regali…

E così ancora una volta il denaro ha avuto un peso più importante del ricordo di Antonio, del suo grido di dolore, così lo ha definito il vescovo Staglianò nell’omelia, parlando del suo gesto estremo rimasto inascoltato, soprattutto da parte di chi avrebbe dovuto non solo raccoglierlo ma farlo proprio. Per fortuna, però, non tutti l’hanno pensata così. Qualche commerciante di sua spontanea volontà ha abbassato le saracinesche, i principali negozi di via Sacro Cuore, hanno spento le luci e chiuso le porte, per la durata del funerale. Quella in fondo era la sua strada, l’attività di famiglia è una delle più importanti, e c’è per chi queste cose contano ancora. Per il resto c’è una città intera che non è più disposta a stare in silenzio, che è arrabbiata, provata da ciò che la morte di Antonio rappresenta. Il gesto estremo di Antonio suona come un richiamo, un disperato appello a rimettere al centro la persona più che il profitto. La sensazione è che da quel momento drammatico in cui si è diffusa la notizia a Modica nulla è più come prima.