“Riposa in pace, fratello mio”

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Immagine di repertorio

Una studentessa universitaria di Comiso ci ha inviato una sua riflessione, sull’uomo di 29 anni proveniente dal Mali, morto lunedì scorso perchè investito da un’auto mentre era in sella alla sua bicicletta.

Ecco la riflessione di Veronica Indigeno:

“Si chiamava Fodi e veniva dal Mali. Si chiamava Fodi, veniva dal Mali e ogni giorno si spaccava la schiena nelle campagne del ragusano per portare qualche euro a casa. Si chiamava Fodi, veniva dal Mali e ogni giorno, per portare qualche euro a casa, oltre a spaccarsi la schiena, non offriva solo sangue e sudore ma anche la sua stessa sicurezza personale nel tragitto casa-lavoro sulla sua bici. Come tanti altri. Come tutti gli altri. Si chiamava Fodi, veniva dal Mali e quei pochi euro a casa non li porterà più. La sua famiglia non riceverà più le sue rimesse. Si chiamava Fodi e la sua famiglia maliana, oltre a quell’importantissimo sostegno, non riceverà più soprattutto una sua chiamata. Non vedrà il suo sorriso, non vivrà la propria quotidianità con la speranza di riabbracciarlo, forse, un giorno. Si chiamava Fodi, era uno dei tanti invisibili che “ci rubano il lavoro” e che, per farlo, per farsi schiavizzare da un padrone per poche decine di euro al giorno, come tanti altri nella fascia trasformata del ragusano, ha dato la vita. La fascia trasformata nostrana rappresenta un mercato invidibiale in tutta Europa e produce buona parte del PIL provinciale. Eppure, la ricchezza è monodirezionale. Queste primizie invidiabili, pregiate, di qualità producono sfruttamento, anche sessuale, semi-prigionie in alcuni casi per molti braccianti, violazione sistematica dei diritti umani, razzializzazione del lavoro, discriminazioni, vite da lager. Bello, il sogno italiano! Sicilia, terra mediterranea solare ed accogliente, dove ad accoglierti ci sono mafia e caporalato e questi incidenti “capitano”. Si chiamava Fodi. Veniva da Mali. E adesso le sue sofferenze per tirare a campare sono finite. Non lo conoscevo, non sapevo nulla della sua vita o del suo lavoro ma la mia tesi di laurea mi ha dato un’occasione eccezionale per scoprire un mondo, grazie ad alcune ricerche brillanti sul campo. E no, non è un privilegio accademico da “professoroni” (come qualche becera retorica da fasci ci ha insegnato a ripetere) aprire gli occhi su queste tematiche, è un’evidenza per tutte, per tutti. Una necessità per l’intera comunità, che supera l’esigenza politica e si interseca con la concretezza dell’essere persone. Le loro condizioni sono evidenti a chiunque. E pure comode, vero? Si chiamava Fodi e veniva dal Mali. La sua schiena non duole più. Le sue braccia possono rilassarsi dalla tensione, le sue gambe possono distendersi. La sua mente non avrà più preoccupazioni. Riposa in pace, fratello mio”.