Un servizio housing first dedicato a 20 minori e alle loro famiglie

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“Camminiamo insieme alla persona, per aiutarla a spiccare il volo”. Fabrizia Macca descrive così le modalità di attuazione dell’iniziativa “Ri-belli per… Abitare”, che si basa sul modello housing first. Il progetto “Ri-belli” è selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, con capofila l’Associazione I Tetti Colorati Onlus. Ma cosa significa housing first? Si tratta di un modello nato per contrastare la grave marginalità delle persone senza dimora. Nasce dall’assunto che la casa è un diritto fondamentale per ogni essere umano e il punto di partenza verso l’autonomia e il benessere. Gli operatori, come Fabrizia, sulla base di segnalazioni specifiche o richieste di aiuto, attivano un primo colloquio con le persone che vivono in condizioni di disagio abitativo e di multiproblematicità. L’housing first non si occupa solo di trovare una casa a chi non ce l’ha o a chi non ne ha una “vera”, bensì prende anche in carico la totalità della famiglia e la accompagna partendo dalla cura degli spazi e di sè. La casa, diventa così il punto di partenza per il rilancio della persona e della sua famiglia nel suo complesso. Come? Valorizzando le risorse che le persone e le famiglie in difficoltà hanno, ma che, per vari motivi, non riescono a far emergere. L’housing first, quindi, aiuta le persone seguite e i nuclei familiari a colorare le proprie vite a partire dalla propria casa, intesa quindi non come luogo di passaggio o come mera struttura fisica, ma come luogo di relazioni: una dimora in cui identificarsi, sentirsi protetti, costruire la propria storia. “Noi – spiega Fabrizia – quando prendiamo in carico una persona o una famiglia, non insegnamo niente, non diciamo cosa bisogna fare, bensì forniamo, sulla base delle loro esigenze, specie per quanto riguarda i minori, quegli strumenti utili e quei percorsi che aiutino le persone e le famiglie a camminare con le proprie gambe. Non dispensiamo consigli dall’alto, rispettiamo la libertà di scelta e autodeterminazione, negoziamo sugli obiettivi e le azioni, mettendoci allo stesso livello delle persone, camminiamo con loro, fianco a fianco”. I Tetti Colorati Onlus, del resto, dal 2014 applica la metodologia dell’Housing first, accompagnando ogni anno decine di nuclei familiari: attualmente l’équipe housing first segue 18 nuclei familiari e persone singole. Grazie al progetto, l’Azione Ri-belli per Abitare ha posto un focus particolare sui minori, e segue nel solo Centro di Ragusa 6 nuclei monoparentali (donne sole con figli), per un totale di 10 minori (presto il servizio sarà attivo anche ad Acate e Santa Croce Camerina). A coordinare l’intervento l’Associazione I Tetti Colorati Onlus, capofila del progetto Ri-belli, di cui Fabrizia è operatrice housing first e Valentina Distefano è presidente e coordinatrice del progetto. “La casa – spiega Valentina – è un ambiente contenitivo, integrativo e terapeutico. Dovrebbe essere protettivo, un rifugio certo, soprattutto per i minori: una base sicura per avventurarsi nel mondo! Spesso non è così, o perchè la casa non c’è o non è idonea né sicura o perchè si è costretti a cambiarla continuamente per problemi di vario genere. Per questo come I Tetti Colorati e come “Ri-belli per… abitare”, ci concentriamo proprio su questo aspetto: la casa in quanto espressione di sé e strumento fondamentale per la crescita del minore e di ciascuna persona, è necessaria per costruire, o ricostruire un’identità personale e familiare. Ripartire dalla casa significa dare nuova dignità alla persona e alla famiglia. E poiché spesso si tratta di persone sole, invisibili o non considerate e abbandonate a se stesse, insieme alla casa, altro aspetto fondamentale è ricreare un sistema di affetti e di relazioni che aiuti l’individuo e la famiglia a sentirsi amati e diventare autonomi”. “Molto spesso – spiega Fabrizia – si pensa che le famiglie che vivono una situazione di disagio economico non sono dei bravi genitori, e finiscono esse stesse per pensarlo! Non è così: chiunque ha le risorse umane per essere un bravo genitore. Il nostro compito è valorizzare le capacità e concentrarci sulle risorse a disposizione, piuttosto che sui problemi. E’ un approccio positivo e attivo che aiuta le persone in cammino a guardare con rinnovata speranza verso il futuro, a porsi degli obiettivi attraverso una progettualità condivisa, non guidata dall’approssimazione”. “Ri-belli per…abitare – sottolinea Valentina – applica un approccio ecologico, guardando il bambino e la sua famiglia in relazione ai vari ambienti sociali, perciò attua interventi di mediazione e di comunità, inoltre coinvolge altri enti e servizi in un’azione sinergica a supporto della famiglia. Si può ricorrere innanzitutto alle altre azioni del progetto Ri-belli, all’equipe housing first o agli altri servizi della partnership. Spesso occorre invece orientare e accompagnare la famiglia a servizi esterni, come per bisogni di natura sanitaria ed educativa, o volti all’inserimento sociale o lavorativo. E allora, il nostro compito, è creare e favorire una rete di supporto, di enti pubblici e privati, che possa aiutare al meglio la persona e la famiglia”. Come detto, il primo passo è il colloquio, il secondo la visita a casa (“perché – ci spiegano gli operatori – la casa parla”), infine la presa in carico. “Frutto – ribadiscono Valentina e Fabrizia – di una libera scelta della persona e della famiglia. Il piano individuale è sempre condiviso”. Da lì inizia l’accompagnamento su tutti gli ambiti di vita considerati prioritari, a partire dagli aspetti educativi per favorire la crescita armonica dei minori e l’apprendimento, compresa l’attivazione di una dote educativa sotto forma di un sostegno economico. L’evoluzione e i passi avanti del percorso, vengono verificati attraverso l’utilizzo di uno strumento di autovalutazione denominato “Onda del Cambiamento”, che verifica i progressi e il raggiungimento degli obiettivi. “E nelle situazioni più difficili, soprattutto dopo molti anni di homelessness, possono non registrarsi cambiamenti evidenti per diverso tempo – sottolinea Valentina – o magari essere piccolissimi. Ma spesso un risultato che visto dall’esterno sembra irrisorio, è gigantesco per la persona, segnale di un primo importantissimo passo verso il recupero di sé. E quante volte, dopo progressi anche importanti, si assiste a cadute e ricadute. E’ necessario capire che alle spalle c’è una storia di sofferenza e di abbandono, in cui sono mancati alcuni pilastri fondamentali, si sono vissuti dei traumi, si è persa la fiducia in sé e negli altri. E questo rende faticoso e lento il cammino di rilancio. Ma il nostro obiettivo principale è proprio quello di ridare fiducia e speranza. Quindi – conclude Valentina – il tempo non è un nemico, semmai il contrario. E aiuta a consolidare i risultati ottenuti, passo dopo passo, per crescere insieme”.