Il ‘caso’ Fraternità di Nazareth. Ecco tutto quello che (al momento) sappiamo

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“A seguito delle conclusioni cui è pervenuto il commissario pontificio e visitatore apostolico dell’Associazione privata di fedeli Fraternità di Nazareth, il Vescovo, monsignor Giuseppe La Placa, ha disposto la soppressione della suddetta associazione con un decreto del 30 luglio scorso (prot. 924/21), non sussistendo «più i requisiti minimi perché possa continuare»”.

Quattro righe che hanno sollevato prese di posizione, accuse generiche alla Chiesa, attestazioni di incondizionata stima nei confronti dell’ormai ex guardiano della Fraternità, don Nello Dell’Agli. E, più timidamente, una domanda: perché è stata presa questa decisione? La Curia non fornisce altra spiegazione, né è stato reso disponibile il citato decreto.

Proviamo, allora, alla luce di quanto è possibile conoscere, senza considerazioni ma mettendo in luce fatti certi e documentazione disponibile, a farci almeno un’idea.

Primavera di quest’anno, ad appena tre anni e mezzo dalla nomina, don Nello Dell’Agli, che era l’anima della Fraternità di Nazareth, ha lasciato l’incarico di amministratore parrocchiale della chiesetta di Sant’Isidoro Agricola. Una comunicazione ai fedeli, nella scorso primavera, per un periodo di pausa per questioni personali e, dopo un paio di settimane, la presentazione, da parte dell’amministratore apostolico, del nuovo parroco. Neppure un rigo inviato alla stampa, nonostante le nomine di parroci e vice siano state sempre rese pubbliche. Anzi, tra i sacerdoti della diocesi tanti non sapevano nemmeno del ‘cambio’.

Secondo fatto: la soppressione della Fraternità il 30 luglio e comunicata l’altro ieri. In questo caso proviamo a farci aiutare da un ‘libro mastro’, il Codice di diritto canonico. Parte I, Titolo V. “Le Associazioni di fedeli”. In particolare, al Capitolo III, al canone 326, si legge: «L’associazione privata di fedeli si estingue a norma degli statuti; può anche essere soppressa dall’autorità competente se la sua attività è causa di danno grave per la dottrina o la disciplina ecclesiastica, oppure di scandalo per i fedeli». Nel caso della Fraternità di Nazareth, approvata anni fa dall’allora Ordinario diocesano (il vescovo) di Ragusa, la competenza della soppressione spetta proprio al pastore della diocesi iblea. Se nel caso dell’avvicendamento da guida di Sant’Isidoro Agricola ha potuto provvedere padre Asta (a proposito: decisione autonoma dell’amministratore apostolico o scelta obbligata in ossequio a precisi provvedimenti presi dalla Santa Sede? Con collegamenti con la soppressione della Fraternità oppure no?), in questo caso la soppressione doveva essere decretata dal nuovo vescovo.

Ma restiamo proprio sulla possibile motivazione della soppressione, il diritto canonico ne stabilisce specificatamente tre: “danno grave per la dottrina o la disciplina ecclesiastica” o “scandalo per i fedeli”. È chiaro, dunque, che la motivazione non può che stare in una di queste tre ‘casistiche’, tutte estremamente gravi. Chiariamo anche l’iter. La decisione è stata estemporanea? Qualcuno invoca la ‘saggezza’ del nuovo vescovo per ribaltare quanto stabilito… Ma dimentica (?) che la decisione è figlia di un iter lungo, meditato, con una serie di provvedimenti in itinere…

La nomina del visitatore è un fenomeno complesso, che ha come input proprio la Santa Sede anche se poi la scelta del visitatore e gli atti formali di nomina sono demandati al vescovo del luogo. Il lavoro è paziente, con tantissime persone ascoltate, con un discernimento rigoroso e competente. Le conclusioni vengono poi ‘tradotte’ in indicazioni… in pratica si arriva alla soppressione solo dopo una serie di tentativi di riportare quei “requisiti” entro un livello almeno minimo. Un iter seguito anche in questa vicenda, che ha radici non certo ‘giovani’… Pur comprendendo il dolore di chi ha seguito le attività dell’associazione e le predicazioni di Nello Dell’Agli, divenuto poi sacerdote (non frate Nello, perché non va confusa l’associazione privata di fedeli con una congregazione religiosa… quindi la Fraternità non può ordinare frati, né procedere a professioni di suore, né i membri possono indossare il saio o l’abito religioso), la facile tentazione di derubricare tutto come l’ennesimo atto di ingiustizia è perlomeno ingenuo se non poco rispettoso del Papa, della Chiesa e di una vicenda travagliata, complessa, ma meditata e sofferta. Il ‘silenzio’ della Curia (al vescovo va data massima e sincera solidarietà, perché fatti di questo tipo sono dolorosi e difficili da gestire) non facilita la comprensione e rischia di alimentare accuse e sospetti.

Per questo un minimo di chiarezza in più, pur rispettando la prassi della ‘carità’ nei confronti delle persone coinvolte (una sorta di privacy, ma con una motivazione più profonda), non guasterebbe. Tanta gente ha seguito la Fraternità (altra se n’è allontanata), non poche le donazioni (di chi sono oggi i beni donati alla Fraternità e che fine faranno?)… insomma, un legame forte con la comunità ecclesiale che richiede un supplemento di trasparenza che gioverebbe a tutti, nella fiducia che la maturità della gente saprà valutare, serenamente, le decisioni dell’autorità ecclesiastica.