Tonnellate di petrolio nel Moncillè. “Evento inquinante tuttora in corso”

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Moncillè, inquinamento

A distanza della relazione di un anno fa, abbiamo chiesto all’ex provincia regionale, oggi Libero Consorzio, un aggiornamento sulla questione dello sversamento di petrolio nel torrente Moncillè. Ecco la risposta integrale che ci è pervenuta:

“A seguito della relazione consegnata dagli uffici di questo Ente, il Commissario straordinario del Libero Consorzio Comunale di Ragusa, Salvatore Piazza, intende chiarire che:

Il 27 aprile 2019 la società Enimed comunicava a questo LCC, in qualità di soggetto responsabile ed ai sensi dell’art 242 comma 1 del D.Lgs. 152/06”, la potenziale contaminazione relativa al sito “Area pozzo Ragusa 16”, localizzata nel Comune di Ragusa nei pressi del torrente Moncillè. La stessa Società dichiarava che la contaminazione aveva interessato le matrici ambientali: suolo e sottosuolo, acque superficiali e sedimenti. Già da subito si era ben compresa la pericolosità della situazione e non a caso sono state svolte riunioni ed incontri tecnici sia presso la Prefettura che in video conferenza presso il DRAR (Dipartimento Regionale dell’acqua e dei Rifiuti della Regione Sicilia) tra la Società Enimed e tutti gli Enti di controllo coinvolti al fine di procedere ad un approfondimento e ad un esame congiunto della problematica in oggetto. L’evento inquinante, purtroppo tuttora in corso, è caratterizzato da una fuoriuscita di greggio localizzato in una specifica zona del torrente Moncillè a circa 800 metri a monte della confluenza col fiume Irminio ed in prossimità del pozzo petrolifero “Ragusa 16”.

Secondo i dati forniti dalla Società, al 31 agosto 2021, sono stati rimossi 2.169,07 tonnellate di greggio misto ad acqua (25 – 30 % di greggio). Attualizzando tale valore, entro l’anno i quantitativi potrebbero aggirarsi sulle 2.500 tonnellate. Per far fronte a tale emergenza, l’Eni ha attivato fin da subito tutte le misure di messa in sicurezza in emergenza sinteticamente consistite in:

• realizzazione di una serie di bacini sifonati disposti prevalentemente in corrispondenza della fuoriuscita del prodotto idrocarburico sull’alveo del torrente, lungo il suo lato destro e nella parte centrale del torrente stesso;

• attività di recupero del prodotto idrocarburico attraverso speciali apparecchiature quali skimmer a rulli;

• stesura e sostituzione in continuo di panne oleoassorbenti, localizzate a valle degli sbarramenti, finalizzate al impedire e contenere l’eventuale contaminazione residua;

• realizzazione di due bacini di contenimento posti a monte dell’area impattata, con lo scopo di bypassare le acque del torrente provenienti da monte e come presidio di sicurezza per limitare eventuali episodi di piena.

Ai fini cautelativi, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 la Società ha anche effettuato la chiusura mineraria del pozzo Ragusa 16. Secondo la Società le attività di indagine e verifica effettuate sullo stesso permettono di escludere che la contaminazione sia addebitabile a fenomeni di circolazione di fluidi all’interno del pozzo stesso. Nel corso di questi due anni e mezzo sono state inoltre proposte dalla Società delle tecnologie alternative per ottimizzare il recupero del prodotto. In particolare, nel giugno 2020 sono state eseguite prove di Oil-Sweep (denominata impropriamente prova Multi Phase Exctraction), cioè prove di recupero del prodotto oleoso tramite aspirazione di vapori con contestuale iniezione di vapore caldo, necessario a rendere maggiormente movimentabile il prodotto da recuperare da tre piezometri che presentavano adeguati spessori dello stesso. Malgrado questo tipo di prova abbia presentato un’efficace estrazione del solo prodotto associata a limitata estrazione di acqua sotterranea, la prova nel complesso non ha fornito risultati talmente soddisfacenti da sostituire l’attuale sistema di recupero. Nel marzo 2021 è stato effettuato anche un test di recupero dell’olio utilizzando graphene. Purtroppo, a causa delle particolari caratteristiche chimico-fisiche dell’olio da recuperare e alla sua alta viscosità, non è stato possibile separare la componente olio e rigenerare il graphene. Malgrado siano passati più di due anni e mezzo, le attività di recupero dell’olio continuano a tutt’oggi e non è stato possibile terminare le operazioni di MISE. Si rileva comunque che, fortunatamente, l’inquinamento è stato contenuto e non si è mai esteso oltre la zona delle operazioni. Le analisi effettuate sia dall’Arpa che dalla Società confermano che il tratto terminale del torrente Moncillè e il fiume Irminio non hanno risentito di alcuna contaminazione. In questi anni il Libero Consorzio, attraverso il Settore Ambiente e Geologia, ha svolto attività di monitoraggio e controllo del sito in esame attraverso numerosi sopralluoghi e partecipazione di tavoli tecnici nonché ha effettuato studi circa l’origine di questa contaminazione. Circa le cause di quanto sta avvenendo è ancora oggetto di ipotesi. Secondo la Società, che a tal proposito ha incaricato dei consulenti dell’Università di Catania e del Politecnico di Milano, le ragioni sono da addebitare a cause esclusivamente naturali. Secondo il parere di questo Libero Consorzio, malgrado si riconosca ampiamente l’impegno della Società e dei consulenti di parte nel cercare di dirimere la questione, si ritiene che allo stato attuale la naturalità del fenomeno possa ascriversi senz’altro ad una mera ipotesi e che non ci siano i presupposti di natura sismica, geochimica e idrogeologica per sostenere quanto asserito dalla Società. Di questa problematica è stato interessato anche il Ministero dell’Ambiente, ora Ministero per la Transizione Ecologica, il quale ha incaricato l’ISPRA che ha effettuato dei rilievi qualche mese dopo la comparsa della contaminazione. Gli esperti dell’ISPRA sono intervenuti in sito, per la seconda volta, il 14 e 15 dicembre 2021 per approfondire le problematiche ambientali connesse all’inquinamento. A seguito della riunione tenutasi anche da remoto giorno 15 dicembre tra tutti gli attori coinvolti (Ispra, Arpa, URIG -ufficio regionale idrocarburi e geotermia, Comune di Ragusa, Eni, Dipartimento regionale acqua e rifiuti) è stato dato mandato all’URIG di verificare tutta la documentazione riguardante la sicurezza e tenuta delle infrastrutture ENI limitrofe alla zona in cui continua lo sversamento. Al di la delle ipotesi riguardo le cause che hanno generato tale contaminazione, quello che preme maggiormente a questo LCC è che le fuoriuscite di greggio siano state ben contenute dalla Società in questi anni. Risulta di tutta evidenza che una diffusione di questi quantitativi di greggio potrebbe avere effetti potenzialmente devastanti per il nostro ecosistema fluviale”.