Gli anni sessanta erano belli anche racchiusi in un gelato da 30 lire

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Gli anni sessanta erano belli anche racchiusi in un gelato da 30 lire. In un frigorifero Atlantic. Nei dischi da regalare ai compleanni, nelle scatole dei cioccolatini, nella caramella Cinzia, nei primi Baci Perugina. Le rotonde sul mare, le candele ai tavoli di ristorante, le donne dalle gambe scoperte sulle piste da ballo, le passeggiate sotto i tigli, i libri di scuola legati con la cinghia, certi calzettoni molli sulle caviglie. E gonne che si affacciavano corte, a sovvertire tutto. Una guerra appena finita, che la notte, prima di prendere sonno, scompigliava i pensieri sereni. Sarebbe tornata? I genitori ci calmavano. Loro che l’avevano conosciuta bene. Ma sorridevamo insieme alle nuove cineprese, agli obbiettivi delle macchine fotografiche giapponesi. Dietro, a fondale, una Italia che sorgeva veloce. In questa domenica per me dolorosa torna tutto, l’aria dell’estate, i giornali comprati dopo la messa e il pranzo in cucine “americane”.

Le estati degli anni sessanta furono le più belle. Eravamo felici e non lo sapevamo. Anche con le prime maniche corte, con i i fiori sul balcone e il nido delle rondini nella grondaia. Col grido dei ragazzi in piazzetta, la capanna e i libri comprati l’ultimo giorno di scuola, coi viaggi lungo il Tirreno e l’Adriatico dai paesi come vuoti, la campagna solitaria al mattino e la festa del Patrono con palloncini e zingari nelle strade e il silenzio della processione, il manto rosso e la statua scura di legno. Amavo il cappellino da marinaio del mio primo fidanzato, la rotonda sul mare e Gino Paoli coperto dagli occhiali neri ed Endrigo a Sanremo. La TV coi teleromanzi e la radio con Dina Luce e Costanzo dalle voci bellissime. Proust letto in veranda, mentre passava un treno piano sul costone, la casa con le vetrate aperte e la vallata ancora brulla. I baci, poi, i primi baci.