Muoversi all’interno della Fascia trasformata per raggiungere il luogo di lavoro o spostarsi in città per accedere a un servizio pubblico rappresenta un problema spesso difficilmente superabile, se non facendo ricorso a quello che potremmo definire il ‘caporalato dei servizi’ pagato a caro prezzo.
Uno spostamento in auto per raggiungere la farmacia, gli uffici comunali o un negozio dove fare acquisti si ottiene per cifre molto elevate, alimentando un’economia ‘parallela’ che accresce la condizione di sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici stranieri. Un servizio pubblico di trasporti non c’è. Solo di recente è stata attivata una corsa, solo una volta a settimana, per il trasferimento da Acate alla zona costiera. Ma serve a poco, specialmente per andare al lavoro.
E così, spesso, chi lavora nella Fascia trasformata sceglie di vivere a ridosso delle serre, in casupole che in molti casi non hanno i requisiti minimi. Per riuscire a innescare una trasformazione realmente generativa, il progetto Trasformare la Fascia Trasformata ha pensato ad azioni di sostegno alla mobilità, dal momento che in molti non hanno l’auto e altri, pur avendola, non sono in possesso di una patente di guida. Su questo fronte ci si è mossi, per facilitare, sostenendo anche i costi, l’ottenimento del titolo di guida. Ma è un percorso complesso, anche per via della difficoltà a superare l’esame teorico-pratico. E così si è deciso di investire nel caarpooling: un’auto che mette insieme quattro o cinque braccianti per recarsi insieme al lavoro.
La prima ‘auto condivisa’ ha iniziato a fare la spola in questi giorni, per portare quattro lavoratori nelle serre in cui sono impiegati. Con il sostegno di buoni di carburante a un giovane, con auto e patente, che vive nella Fascia trasformata, si è riusciti a innescare questo cambiamento. È la strada giusta? Dai primi segnali pare proprio di sì. L’auspicio è che sia replicabile, diventando un modello anche per altri lavoratori. È un processo che si avvia dopo una prima fase di verifica, sul territorio, delle difficoltà riscontrate in merito agli spostamenti: un lavoro che intreccia i vari aspetti dell’area sociale, anche grazie alla mediazione dei tutor, Sebastiano e Salvatore, che si occupano proprio di mobilità.
“È ancora presto per sostenerlo – afferma Ausilia Cosentini, referente dell’Area 1 di TFT che si occupa anche di mobilità – ma certamente questa modalità sembra essere la più confacente all’esigenze del territorio e si intende nelle future annualità puntare su tale strumento”.
Molto soddisfatti i primi lavoratori che non dovranno più spostarsi a piedi o in bici, rischiando, come purtroppo è già accaduto, di essere travolti da un’auto. “È una bella idea per noi che non abbiamo le macchine. Così è più facile, andiamo a lavorare e poi torniamo a casa con questo amico che ci accompagna”, spiegano al rientro da una giornata di lavoro in serra.