Salute sessuale delle donne, IVG e consultori: una ricerca sulla provincia

376

Ogni anno in occasione dell’8 marzo riemergono all’attenzione pubblica una serie di tematiche afferenti ai diritti e alle libertà garantiti o negati alle donne nel nostro Paese e nel mondo. Tematiche che tendono a invisibilizzarsi all’indomani della ricorrenza, quando il focus si sposta rapidamente su altro.

Eppure sul territorio della nostra provincia ci sono gruppi e associazioni che quotidianamente svolgono attività di analisi, confronto e proposta e ai quali andrebbe dedicata maggiore visibilità.

Tra questi Kina CollettivA, nata qualche mese fa a Scicli su iniziativa di alcune giovani donne e uomini che hanno scelto di definirsi esplicitamente transfemministe. Un approccio, il loro, che parte dalla critica femminista al modello patriarcale e sessista e la interseca con altre dimensioni dell’oppressione come quelle della razzializzazione, delle discriminazioni economiche, dell’orientamento sessuale, dell’abilismo, dell’antimeridionalismo.

Nei mesi scorsi Kina ha svolto un interessante esperimento di ricerca sui consultori familiari della provincia e sull’applicazione della legge 194/78, che ha introdotto in Italia il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza sia pure con limiti e restrizioni che oggi, a distanza di 45 anni, necessitano di una revisione e di una riflessione condivisa.

Riportiamo il resoconto di Kina a seguito della ricerca effettuata:

“Il consultorio familiare è previsto, in Italia, dal 1975. Un luogo di tutela della genitorialità, della famiglia, della salute sessuale e riproduttiva. Proprio in virtù di questa responsabilità, dal 1978, si occupa anche di Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG).

Il discorso sull’(in)efficienza di molti consultori si inserisce all’interno di quello più ampio della situazione sanitaria italiana, che si aggrava ulteriormente al Sud. Nei consultori, la scarsità di risorse economiche e di personale competente incontra, in maniera peculiare, continue intrusioni di una moralità bigotta e irrispettosa dell’autodeterminazione di chi dai consultori dovrebbe trarre beneficio.

Nonostante parte del personale creda davvero nel proprio lavoro e si impegni per svolgerlo in maniera virtuosa, i consultori – che dovrebbero essere luoghi di sostegno della salute sessuale e riproduttiva in ogni aspetto e sfaccettatura – spesso diventano terreni di conflitto, più escludenti che accoglienti. Luoghi in cui diventano più rilevanti le condizioni di partenza che il benessere nella sua totalità. In questo modo, il diritto alla salute si subordina ad altri tipi di morale, che vogliono dirsi assoluti quando invece non lo sono.

La legge 194/78, che identifica i margini entro cui l’IVG è consentita, è una legge ambigua. Nata dal compromesso di diverse forze politiche in ragione della tutela di una gravidanza consapevole invece che di un’IVG libera, come invece dovremmo auspicarci oggi. Questo ha creato numerose zone grigie, a cui ci si può facilmente appigliare per ostacolare il diritto a scegliere del proprio corpo.

Consapevoli che nel Ragusano si incrociano diversi fattori fortemente penalizzanti per una buona qualità della vita sessuale e riproduttiva, chiedersi quale sia la situazione nella provincia è un atto necessario.

Ponendoci questa domanda, soprattutto per quanto riguarda l’accesso all’IVG, le risposte non sono state quelle sperate: abbiamo telefonato ai consultori della provincia per avere informazioni sull’iter da avviare nel caso si volesse ricorrere alla pratica e, solo in pochi casi, le risposte sono state adeguate ed esaustive. In molti altri, la difficoltà di reperire i numeri e gli orari giusti ha reso i consultori irraggiungibili. Fatto inaccettabile, così come lo sono stati l’assenza di risposte e l’aperta opposizione all’esercizio di quello che è un diritto.

Abbiamo provato a venirne a capo. Ad oggi, il percorso per l’accesso all’IVG nella provincia sembra seguire i passaggi che seguono – ricordiamo che, prima di tutto questo, le persone senza cittadinanza o permesso di soggiorno italiani devono assicurarsi di essere in possesso dei codici STP ed ENI, da richiedere presso gli ambulatori dedicati.

Bisogna innanzitutto munirsi di un test di gravidanza positivo nominale, che può essere fornito da una farmacia, da un laboratorio analisi oppure tramite analisi del sangue o delle urine prescritti dal/la medico/a; e di un certificato che attesti la volontà di intraprendere l’IVG, questo si ottiene attraverso il consultorio, l’ospedale oppure un/a medico/a.

In consultorio si affronta un colloquio con medico/a, ginecologo/a, psicologo/a e probabilmente anche con assistenti sociali. Sempre in consultorio si potrebbe essere sottopostx ad ecografia, al fine di accertare quale sia la settimana di gestazione. In quest’ultimo passaggio, siamo a conoscenza dell’esistenza di pratiche inutilmente intrusive e irrispettose, come obbligare la persona gestante ad ascoltare il battito cardiaco del feto.

A seguito dei colloqui in consultorio, vi è l’obbligo di aspettare sette giorni di riflessione prima di confermare la volontà di interrompere una gravidanza.

A quanto pare, la legge ci tiene a ricordare a tutte le persone che ricorrono a IVG che in realtà non sono in grado prendere decisioni lucide e autonome. Questa, difatti, è l’unica pratica medica in cui si dubita di chi decide; di solito, per gli interventi di altro genere, non succede. Le persone che vogliono interrompere una gravidanza vengono trattate come inconsapevoli dallo stesso Stato, nessuna sorpresa che si dia, ai Centri di Aiuto alla Vita, il diritto di trattarle allo stesso modo.

Solo dopo i sette giorni di attesa è possibile ricorrere all’IVG. Qui la nota positiva è che, nonostante l’85,7% di obiezione di coscienza nella provincia, non ci giunge notizia di gravidanze portate a termine forzatamente per via dell’attesa.

Una volta superati i primi ostacoli, si ha la possibilità di accedere all’aborto farmacologico oppure all’aborto chirurgico.

L’IVG farmacologica può essere praticata in ospedale fino alla nona settimana di gestazione. La necessità di recarsi in ospedale deriva dal fatto che la Sicilia, come regione, ha deciso che non è possibile somministrare la pillola RU486 in regime ambulatoriale o nei consultori. Cosa permessa, invece, in Lazio ed Emilia-Romagna. Eppure, in una provincia in cui è possibile accedere a questo tipo di IVG solamente negli ospedali di Modica e Ragusa, sarebbe importante permettere a chiunque ne abbia bisogno di beneficiare di questo diritto, indipendentemente da dove abiti o dalla disponibilità di un mezzo di trasporto. Ancora una volta, le condizioni economiche e il fatto trovarsi in una regione penalizzata dall’assenza di infrastrutture e trasporti pubblici efficienti pone una barriera davanti a chi si trova in una situazione di svantaggio. Come si dice da queste parti: chiova sempri supra o vagnatu.

L’IVG chirurgica viene praticata se i tempi dell’aborto farmacologico sono scaduti, fino alla dodicesima settimana di gestazione. Fanno eccezione i casi di aborto terapeutico, a cui si può accedere anche dopo per motivi specifici e regolamentati. All’IVG chirurgica si accede esclusivamente a Modica, altrove, infatti, la presenza di personale obiettore impedisce la pratica.

L’IVG è dunque una pratica medica sicura sulla quale però aleggiano numerosi pregiudizi, frutto di campagne di disinformazione volte a mantenere le persone con utero in una condizione subalterna, considerando i loro corpi semplicemente come utili alla riproduzione. Primo tra tutti, il pregiudizio che sia una pratica che causi un trauma psicologico duraturo, dovuto al senso di colpa che non abbandonerà mai la persona che decide di interrompere una gravidanza.

Questa narrazione è tossica e sicuramente parziale: ci sono persone che, per motivi principalmente culturali e religiosi, ritengono immorale questa scelta. Queste persone sono assolutamente libere di non ricorrere all’IVG oppure di ricorrervi e fare i conti con il proprio trauma – perché la libertà va garantita in entrambi i sensi. Ma non è così per tutte le persone: come ci racconta bene il progetto di Federica Di Martino, IVGstobenissimo: ci sono persone che sono felici di aver abortito e di aver potuto liberamente scegliere del proprio corpo. E hanno tutto il diritto di affermare: Ho abortito e sto benissimo.”