Appello del Silp sul Cpa di Pozzallo: “Si rischia la rivolta”

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    Sulla situazione logistica del Centro di primo soccorso ed assistenza di Pozzallo, il segretario provinciale del SILP per la CGIL fa una riflessione sulla sicurezza e sullo stato igienico sanitario dove sono ospitati i migranti. Una situazione esplosiva al limite della vivibilità.
    “Quando, pochi giorni fa, un ragazzino che era stato ospite del Centro di Primo Soccorso ed Assistenza di Pozzallo è stato colpito dalla meningite, il SILP CGIL aveva denunciato le precarie condizioni in cui, all’interno della struttura, si vive e si lavora, ormai da settimane.
    Lentamente sembra che le istituzioni stiano aprendo gli occhi su quello che comporta la permanenza prolungata in un Centro di Primo Soccorso, pensato per un soggiorno di pochissimi giorni, di un numero di migranti di molto superiore alla capienza prevista.
    Persone straniere, come noto, per lo più richiedenti protezione internazionale, di diverse nazionalità ed etnia, tra le quali si trova da settimane un folto gruppo di ragazzi minorenni “non accompagnati”, senza alcun familiare, per i quali i poliziotti devono talvolta anche improvvisarsi “genitori”, in attesa che i ragazzini vengano trasferiti in strutture adeguate.
    I problemi ed i rischi della situazione attuale, dentro e fuori dal Centro, sono innegabili: continue liti fra gli ospiti, spesso dovute alla convivenza forzata negli spazi a disposizione, ormai diventati ristrettissimi; scaramucce e tafferugli che, come accaduto, talvolta proseguono all’esterno del CPSA, rischiando di creare un clima di insofferenza nei pozzallesi, anche per i comportamenti quantomeno poco civili di qualche migrante.
    Senza considerare il rischio sanitario che comporta la convivenza forzata di tante persone in un luogo inadatto.
    Ergo, nessuno degli attuali ospiti dovrebbe restare un giorno di più al CPSA, vanificando lo scopo per il quale è stato costruito: avere a disposizione una struttura per fronteggiare sbarchi “clandestini”, poter sistemare immediatamente i migranti sbarcati e permettere alle Forze di Polizia e agli altri operatori coinvolti di lavorare in sicurezza e non in condizioni di emergenza.
    L’alternativa è sperare.
    Che l’insofferenza al CPSA non cresca, fino a sfociare in una rivolta o in gravi episodi. O che non venga fuori qualche altra “emergenza” sanitaria. O che non arrivi un altro barcone con qualche centinaio di migranti.
     Ma ai poliziotti che si trovano “in prima linea” la sola speranza non basta. Vogliono risposte, rapide e concrete.”