Englaro a Ragusa per parlare del testamento biologico

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L’intervento di Beppino Englaro ha sicuramente rappresentato il punto centrale dell’incontro-dibattito con i cittadini ragusani sulle tematiche connesse all’istituzione del testamento biologico. Una realtà ormai nel comune ibleo, il registro comunale sarà attivato nel mese di dicembre. L’iniziativa è stata organizzata da numerose associazioni ragusane presso la sala Avis venerdì pomeriggio ha visto la partecipazione tra gli altri del sindaco Federico Piccitto e del vescovo della Diocesi di Ragusa, Monsignor Paolo Urso, il quale ha preferito non intervenire in modo programmato ma fare un breve intervento nel corso della parte finale dedicata al dibattito. “Nelson Mandela, per rivendicare il più elementare dei diritti, la parità fra bianchi e neri, è stato in galera 28 anni, mia figlia per rivendicare il diritto naturale e fondamentale di dire “lascia che la morte accada” è rimasta imprigionata per 17 anni e 22 giorni”. Questo il lapidario incipit lanciato dal padre di Eluana, la cui drammatica vicenda ha scatenato in Italia il tormentato dibattito sui temi legati alle questioni di fine vita. “Ho combattuto per garantire a mia figlia il diritto di essere lasciata morire con dignità. Una libertà insita nella nostra Costituzione. La medicina tecnologica – motiva Englaro, seduto al fianco del presidente della commissione Salute all’Ars Pippo Digiacomo – può creare infatti situazioni che secondo il primato delle nostre coscienze sono peggiori della morte. Casi come quelli vissuti da mia figlia non sono che evoluzioni di una rianimazione non andata a buon fine. La medicina attuale si è spinta fino ad interrompere il naturale processo del morire, creando condizioni di limbo per le quali non ha risposte”. Attraverso pochi accenni Beppino Englaro riassume i drammatici anni in cui ha vissuto da solo la tragedia della responsabilità per la figlia, che lo ha visto scontrarsi contro i medici, contro la magistratura e successivamente perfino contro la politica. Una vicenda che ha avuto un epilogo lunghissimo, sono trascorsi 15 anni e 9 mesi prima che arrivasse la sentenza della Corte suprema di Cassazione. “Ero un randagio che abbaiava alla luna – racconta ad un auditorium affollatissimo – persino indagato per qualche mese per omicidio volontario nei confronti di mia figlia”. Englaro tende una mano al professor Luciano Di Natale, padre di Sara, ragazza ragusana in stato vegetativo dal 7 febbraio del 2006 per aver ingerito una polpetta adulterata con solfiti in concentrazione abnorme. Di Natale, la cui testimonianza ha commosso l’intera sala, è indubbiamente l’anima di quel movimento civile che ha portato all’istituzione del registro comunale del testamento biologico. “Tutto ciò è accaduto – commenta Englaro – perché eravamo sprovvisti dell’unico strumento a disposizione dei cittadini italiani per tutelare il diritto all’autodeterminazione in materia sanitaria sancito, in primo luogo, dalla nostra Carta Costituzionale. Le nostre vicende, e la battaglia che Luciano ancora combatte, rappresentano due embrioni affinché nessuno di voi viva ciò che abbiamo vissuto noi: un vero inferno sulla faccia della terra”.