Liberi Consorzi, Terranova: “Modica non rinunci a guidare il Val di Noto”

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Protagonista della politica modicana per oltre un trentennio, da sindaco e da amministratore di un importante ente pubblico regionale come l’Azasi, fino a qualche anno fa presidente del Centro studi della Cna, Saverio Terranova è oggi un convinto sostenitore della necessità che il Comune di Modica si separi da quello di Ragusa per guidare la nascita del nuovo Libero Consorzio del Val di Noto. Pubblichiamo volentieri e integralmente il suo ampio contributo al dibattito, fondato su un’articolata analisi storica e socioeconomica:

Negli anni ’50, davanti alla invasiva disoccupazione che attanagliava Modica e le città vicine, in particolare Ispica che conobbe una emigrazione pari a un terzo della sua popolazione, il Partito comunista, con il PSI, si fece promotore della istituzione di un libero Consorzio, quale era previsto dallo statuto della regione Siciliana. Il PCI, guidato allora dal grande Virgilio Failla, aveva fondato a questo scopo, un periodico, diretto da Raffaele Poidomani, dal titolo La nuova provincia. Avevano aderito all’iniziativa Scicli, Ispica, Pozzallo e Rosolini; la difficoltà era rappresentata da Noto che voleva esserne il capoluogo, cosa che a Modica non era gradita. La DC aveva appoggiato l’iniziativa: il sindaco Gaspare Basile aveva condotto le trattative con i comuni vicini tutti, tranne Scicli e Ispica, a maggioranza democristiana. Nel 1961, divenuto sindaco della città, dichiarai in Consiglio che il Comune non avrebbe appoggiato questa iniziativa, perché ritenevo che la rinascita della città dovesse avvenire sul piano economico e sociale, non inseguendo quella che ritenevo una rivendicazione antistorica. E difatti con una serie di iniziative, turistiche, industriali e in agricoltura, la città in breve tempo eliminò la disoccupazione e si lanciò verso un futuro fondato su Marina di Modica, la zona industriale e, poi, quella artigianale; e sulla incentivazione della zootecnia, abbandonando la destinazione dei suoli a grano, retaggio del fascismo. Su queste premesse si sviluppò il commercio che portò Modica ad essere la capitale del commercio fino a Catania. Quale è stato l’atteggiamento della classe dirigente ragusana a queste iniziative?

Ottanta anni di prevaricazioni e scippi.
L’ultimo il tribunale. Il che ha portato alla chiusura del carcere. Porterà ancora al trasferimento degli uffici finanziari. E’ incredibile. Se si deve chiudere un tribunale come si fa a chiudere quello che ha una storia di sette secoli, con funzioni di alta Corte di giustizia, oggi alloggiato in una sede modernissima, costata allo Stato circa 20 miliardi di vecchie lire; e non quello che è sorto cinquanta anni fa, che è alloggiato malissimo, in uno stabile senza parcheggi, stretto e comunque insufficiente? Perché poi? Non c’è un risparmio, anzi c’è unaumento di costi: l’affitto di nuovi locali da parte del Comune per approntare un locale non idoneo, con stanze strette e prive di ogni funzionalità. Addirittura il vecchio Tribunale non è a norma: tant’é che occorrono altri 350.000 euro per metterlo a norma. Ecco la pochezza di una classe dirigente: bastava che il Comune di Ragusa dicesse, come è in realtà, di non avere locali a disposizione per un Tribunale e non sarebbe scattata la soppressione. Invece a Ragusa sono stati prontissimi a ottenere l’ampliamento di una struttura già grande a spese di una città vicina che tale struttura la possiede da sette secoli.
Questa è la mentalità della classe dirigente di Ragusa: passano gli anni, cambiano i problemi, i partiti, gli uomini, ma la classe dirigente, chiunque la rappresenti, è sempre la stessa: chiusa, meschina e approfittatrice. A Ragusa conosco persone di grande intelligenza, cultura, sensibilità: persone veramente speciali. Ma altra è la classe dirigente. Lo dimostra l’elenco dei soprusi subiti negli ultimi anni; la dimostrazione di una mentalità che non è cambiata col tempo e con i personaggi. Non è rivalsa, ma presa di coscienza della necessità, per Modica e i paesi vicini, di intraprendere un’altra via.

1954. A Ragusa la GULF, avendo scoperto un grosso giacimento di petrolio, ha bisogno di un porto dove caricare le navi cisterne per trasferirlo in Olanda ove intende raffinarlo e commercializzarlo. Ovviamente il punto di approdo più vicino è Pozzallo. Ma questa viene tassativamente esclusa e la GULF sceglie a Siracusa la penisola di Manghisi e vi realizza un piccolo approdo e il sindaco di Ragusa, con tanto di fascia tricolore, va ad inaugurare il viaggio della prima nave che porta via il petrolio di Ragusa. Ripara al grave errore l’on- Emanuele Guerrieri, sottosegretario ai LL. PP. nel 1958, che finanziò la costruzione di un porto-isola a Pozzallo. Era un errore che i tecnici del Ministero capirono successivamente: senza petrolio, il porto-isola non ha senso. Tant’è che non fu completato.

1957. Viene approvata dall’ARS la legge Giummarra che prevede che una parte dei proventi del petrolio, incassati dalla Regione, siano investiti nella provincia: il 50% nel comune di ritrovamento, il 50 nel resto della provincia. Come destina Ragusa i fondi del petrolio?

Comune di Ragusa:    1. Ponte nell’abitato £ 200 milioni (ponte S. Vito)

                                     2. Acquedotto sussidiario £ 58 milioni

Provincia di Ragusa: 1. Laboratorio d’igiene e profilassi £ 150 milioni

                                   2. Costruzione padiglione di assistenza all’infanzia                

                                           £ 50 milioni ( R.P. RS 4legislatura, p.2081)

Cioè: tutti i 458 milioni, anche quelli della provincia, furono spesi a Ragusa.

1958. Il ministro Pastore firma una legge che prevede la realizzazione di zone di industrializzazione nel Mezzogiorno. Il Comune di Modica, sindaco Basile, si fa promotore di un Consorzio fra Comuni: aderiscono Scicli, Pozzallo, Ispica e Rosolini. Sennonché tre anni dopo lo stesso Pastore cambia l’impostazione: non più zone ma nuclei o aree industriali. Questa volta prende l’iniziativa la Camera di Commercio: presenti tutti i sindaci della provincia si decide di chiedere il riconoscimento di un’area con due agglomerati: Ragusa e Pozzallo. Il Comitato dei ministri per il Mezzogiorno approva la richiesta limitandola a un nucleo comprendente la zona mineraria di Ragusa e le miniere di asfalto di Modica e Scicli, cioè Castelluccio e Streppenosa. I sindaci chiedono di insistere portando nuovi elementi di valutazione. Ma Ragusa decide di andare avanti da sola. Crea un Consorzio con Comune, Camera di commercio, Provincia, Banca Agricola Popolare e Ente provinciale del turismo. Ai comuni del comprensorio, propongono, bontà loro, una “metropolitana di superficie” che collegasse Ragusa a Pozzallo, e portasse i lavoratori di Pozzallo, Scicli Ispica e Modica a Ragusa.  Come è noto, Modica, Scicli, Ispica e Pozzallo decidono di proseguire da soli: chiedono il cambio del porto in porto commerciale e il riconoscimento di un nucleo dietro il porto. In due tappe la battaglia è vinta. Ma intanto Ragusa ha dato l’incarico di redigere il PRG del suo agglomerato. Allargato il consorzio, si chiede di aspettare e fare redigere un solo piano. Ragusa rifiuta e va avanti. Inizia un braccio di ferro che si risolve nel 1972, allorché Giummarra, diventato presidente della Regione, cambia il nucleo in area, scioglie il Consiglio direttivo e nomina un commissario, il quale resta dieci anni, va avanti con l’agglomerato di Ragusa che viene realizzato nella prima e nella seconda fase, mentre l’agglomerato di Modica-Pozzallo viene bloccato. Riprende negli anni ’80 quando viene nominato il Consiglio direttivo, ma intanto a Ragusa si sono collocate un gran numero di industrie di tutta la provincia. I lavori per il porto commerciale e l’agglomerato cominciano negli anni ’80.

1966. Il presidente della provincia di Siracusa, lancia l’iniziativa dell’autostrada Siracusa-Gela. La provincia di Ragusa è attraversata per intero. I sindaci discutono del tracciato. Si affida l’incarico della redazione del progetto all’ing. Aimone Ielmone, progettista dell’autostrada del sole. Questi decide che il migliore percorso è quello indicato dalla vecchia via elorina, tracciata dai Greci. Ragusa propone tre tracciati: Sud, centro e Nord. Il primo è quello del progettista che passa tra Modica e Pozzallo; il secondo e il terzo passano presso Ragusa. I sindaci decidono a maggioranza per il tracciato proposto dal progettista. Ragusa decide di non aderire al Consorzio. Si dà vita al Consorzio senza Ragusa.

1978. Nell’agglomerato Modica-Pozzallo è stata realizzata da un bresciano una Ferriera. Visto il successo dell’iniziativa questi pensa di impiantare anche una acciaieria. Allarga la società ad altri industriali di Brescia e la realizza nel 1980. Ma questi vedendo il mercato libero da concorrenza e pronto ad accogliere i prodotti decidono di impiantare anche una fabbrica di alluminio e un’altra di tubi in acciaio. Avendo ottenuto il mutuo per l’acciaieria dall’IRFIS, si rivolgono per questo mutuo al Banco di Sicilia, ove il direttore assicura il buon esito della richiesta a condizione che le due fabbriche siano impiantate nella zona industriale di Ragusa, ove avrebbero avuto il suolo a poco prezzo, e infrastrutture a carico del consorzio: l’ALMER e la TURAG si collocano a Ragusa.

1982. Giorgio Chessari presenta un disegno di legge che prevede un contributo regionale di 10 miliardi l’anno per Ibla. Dimentica di inserire i centri storici di Modica e Scicli, che non sono meno importanti.

Nello stesso anno un eurodeputato di Ragusa, assieme a un altro di Palermo, sostengono la domanda dei bresciani di ottenere il finanziamento dell’Unione europea di 17 miliardi e 700 milioni alla FAS, Ferriera e Acciaieria del Sud, per smantellare l’acciaieria. I bresciani eseguono nel silenzio dei sindacati. Il fatto si risa quando i dipendenti si ritrovano senza lavoro. La più bella industria del ragusano è scomparsa.

1998. Il direttore generale dell’USL trasferisce il personale dell’Ospedale Maggiore, ospitato nell’edificio adiacente, di proprietà dell’USL, a Ragusa, affittando un locale che oggi costa un milione e duecento mila euro. Né la magistratura ordinaria né la Corte dei conti sono intervenute per fare luce sullo scandalo.

2006. Si comincia a contestare il diritto di Ragusa ad avere ancora fondi della legge per Ibla: ha avuto per 40 anni 10 miliardi l’anno: 400 miliardi! Si chiedi estenderla a Modica e Scicli. Quale è la risposta dei ragusani? Sulla Sicilia: “Giù le mani dalla legge per IBLA”. Incredibile! Come dire: “Non dividiamo con nessuno. Dio ce l’ha data. Guai a chi la tocca”.

2013. L’ultima spoliazione: tribunale, carcere, uffici finanziari, poi Archivio Notarile. Cosa resta? L’ospedale. Ci toglieranno anche quello? Possibile: hanno tre strutture ospedaliere e non sono mai contenti.

 

La Nuova frontiera. Il consorzio del Val di Noto, ipotizzato per primo dal PD dei comuni interessati, Scicli, Pozzallo, Ispica, Rosolini, Noto, Avola, Pachino, Portopalo, Palazzolo, Cassaro, Buscemi e Buccheri, potrebbe essere una realtà sociale, economica e civile nuova e con ampie prospettive e possibilità. Il modello Ragusa che ha proiettato la provincia a vertici di industrializzazione tale da essere paragonata al Nord Est, ha dato segni di stanchezza: non a caso il maggior numero di fallimenti e di chiusure di imprese nel corso di questa devastante crisi sono state nel Veneto. Occorre ripensare un nuovo modello di sviluppo. Perché non si compete nella globalizzazione con dimensioni provinciali o regionali. Il Consorzio del val di Noto può offrire questa via nuova.
L’agricoltura di Ispica e di Pachino rappresenta un’eccellenza che, se organizzata in forme moderne di pubblicizzazione e commercializzazione, è in grado di conquistare paesi anche lontani, come ha dimostrato di recente una nota azienda di Ispica che spedisce i suoi prodotti in tutta Europa, fino in Russia. Ma questo non è possibile farlo senza un’organizzazione che unifichi e presenti il prodotto a livello internazionale. Il mercato di S. Maria del Focallo dovrà diventare una ribalta di portata europea. Un Consorzio di produttori si presenterà all’Europa con i prodotti della area. Le spiagge di Scicli, Modica, Pozzallo, Ispica, Pachino e Portopalo sono la possibilità di un turismo balneare che, se ben organizzato, potrà svolgersi in estate, come adesso in forme individuali e frammentate, e nei periodi invernali in forme organizzate, se supportato da valide strutture che sono tutte da creare. Ci sono ancora, soprattutto tra Ispica e Pachino zone immacolate, spettacolari e avvincenti, destinate ad un sicuro successo. Manca l’organizzazione moderna, cioè capace di affrontare le difficoltà di una concorrenza valida e agguerrita. A questo scopo sarà creato un Consorzio turistico balneare, con capitale Pozzallo, che sfrutti la bellezza dei luoghi con strutture adeguate per la recezione moderna di ospiti in cerca di sole e mare, ma anche di riposo. I siti dell’UNESCO non conoscono concorrenza perché ogni opera d’arte è unica nel suo genere e nella sua identità. Per questo Noto dovrà diventare effettivamente quello che è, la capitale del Barocco siciliano. Come? Creando uno strumento efficiente di unificazione dei siti che sia un messaggio al mondo della bellezza dei luoghi. Non ci illudiamo: Montalbano ha dato tutto quello che poteva, ed è stato molto, al punto che sempre poca sarà la gratitudine verso l’attore, il regista e l’autore della saga. Ma ormai occorre dar vita a forme nuove, moderne ed efficaci per un turismo culturale che ha resistito alla crisi e diventerà prorompente quando essa sarà alle nostre spalle. Il Consorzio fondato sul turismo culturale intraprenderà iniziative nuove, come incentivare gli spettacoli nel teatro greco di Palazzolo con le tragedie classiche greche e latine.
Modica, Pozzallo e Ispica si organizzeranno in Consorzio industriale proiettato verso i Paesi frontalieri del Mediterraneo, che dovranno, un bel momento, darsi un sistema ordinato e cercare le vie dello sviluppo. Ad esso collegheremo Noto e Avola che hanno già alcune strutture industriali. Il porto di Pozzallo è l’unico vero porto sul Mediterraneo, non solo di fronte a Malta, ma anche di fronte al canale di Suez, dove da qualche anno sono tornate a transitare le grandi navi del commercio internazionale. Perché le barche dei migranti sbarcano, se non nell’isola di Lampedusa, a Pozzallo? E’ possibile che il valore delle nostre strutture ce lo debbano insegnare gli stranieri? Perciò deve essere ingrandito con un nuovo braccio, come lo aveva progettato la Cooper and Smith, la terza società mondiale di transhipment, che voleva farne un grande porto hub sul Mediterraneo. Palazzolo e gli altri paesi della montagna saranno organizzati in Consorzio di agriturismo che, sempre più, sta interessando anche gli italiani. Infine tutti i paesi saranno coinvolti nel Consorzio prodotti alimentari che va da dal cioccolato di Modica alla pasticceria particolare di ogni città, al vino di Avola, Pachino e Noto.

Invenzione e organizzazione. Questa il futuro del Consorzio del Val di Noto. È tutto da inventare. Ma le grandi iniziative sorgono dalla sfida all’impossibile, che poi nella determinazione dei promotori diventano realtà. Il problema di Modica, a questo punto, è avere una classe dirigente all’altezza del compito. Cosa che, dagli interventi di autorevoli personaggi di ieri e di oggi, non sembra che ci siano. Questi sono i seguaci di una non nobile arte politica: l’arte della rinuncia.

                                                                                             Saverio Terranova