L’architetto Grasso Cannizzo in mostra ad Innsbruck. L’intervista di Freetime

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Foto di MARCELLO BOCCHIERI

Loose Ends” è una monografia-manifesto e anche una mostra “delle meraviglie” che offre al visitatore un cammino sorprendente: gli spazi espositivi dell’Aut, l’Architektur und Tirol di Innsbruck, in Austria, sono stati trasformati radicalmente per ospitare i progetti di alcuni tra i più importanti lavori realizzati dall’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, dal 1 luglio al 20 settembre.

Con il celebre architetto vittoriese si è congratulato anche il sindaco Giuseppe Nicosia :”Sono lieto per l’ennesimo riconoscimento attribuito all’architetto. La mostra austriaca della Grasso Cannizzo – ha detto il sindaco – costituisce una delle tappe importanti della sua prestigiosa carriera, ma, ne siamo certi, ne seguiranno numerose altre, proprio perché si tratta di una professionista che non finisce mai di meravigliarci e di inorgoglirci”.

L’impegno austriaco ci era stato preannunciato dall’architetto Grasso Cannizzo in occasione dell’intervista rilasciata alla collega Laura Curella e pubblicata da Freetime Magazine Sicilia lo scorso dicembre. Eccola:

Foto di MARCELLO BOCCHIERI
Foto di MARCELLO BOCCHIERI

Medaglia d’oro alla carriera nel 2012, alla stregua di Gae Aulenti e Vittorio Gregotti, vincitrice per ben due volte del prestigioso Riba Award Eu (del Royal Institute of British Architects), l’ultimo dei quali per il progetto di una casa vacanze a Noto. Nessuna teca però, nessuna esposizione. La Medaglia d’Oro viene utilizzata come sostegno alla web-cam, il premio Svoboda, conferitole dall’Accademia delle belle arti di Macerata, compare accanto al pc. Gli altri sono semplicemente stipati dietro i vetri di una libreria. “I premi sono certamente una consolazione per una scelta professionale e di vita, difficile da portare avanti – spiega – mi fa piacere riceverli e spronano a fare meglio la prossima volta”. Questo il temperamento di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo che, pronta a riceverci, senza nessun preambolo si tuffa a capofitto nelle nostre domande. Ha modi schietti e spontanei che rivelano nell’immediato quella intransigenza e quella naturale contrapposizione alle consuetudini. Tutto nel suo spazio è disposto senza rispondere ad alcuna regola, dai tappeti alle grandi fotografie, dai sassi alle istallazioni artistiche disseminate nelle varie stanze che noi, uniche note stonate, sembriamo invadere. “Questa casa apparteneva alla mia famiglia – spiega – e sebbene sia grande ogni spazio assolve ad una funzione precisa, in ogni stanza succede qualcosa di diverso. Non ho mai pensato di progettare un’abitazione per me ed in questa casa ho deciso di non apportare modifiche: mi sono adattata alla disposizione degli spazi in cui ho trascorso parte dell’infanzia, sovrapponendo le mie scelte a ciò che ho trovato”. L’architetto Grasso Cannizzo, dopo una lunga serie di esperienze lavorative che l’hanno condotta lontano, decide a quasi quarant’anni di tornare in Sicilia. La casa di Vittoria, dapprima un punto di appoggio come altri sparsi in giro per il mondo, è adesso il “quartier generale” che la professionista siciliana divide con i suoi amati gatti e qualche collaboratore “di passaggio”. “Considero questa casa la mia sede, in cui riesco a trovare la giusta concentrazione per lavorare ai miei progetti”. Una condizione necessaria, quasi di isolamento, per arrivare a dei risultati. “Vivendo per molti anni in città più grandi – racconta – ero sempre sottoposta a continue sollecitazioni: in quel momento mi sembrava necessario essere presente a tutte le mostre, conferenze, incontri: in quegli anni ho prodotto pochi progetti dedicando il mio tempo prevalentemente alla mia personale formazione. Alla fine l’unico modo per raccogliere i frutti era ritrovare me stessa in questo luogo. Mi sento isolata dal territorio, non dal resto del mondo”. Molto schiva, più per noia che per temperamento, non si sente affatto separata dal suo contesto internazionale che frequenta spesso, pur parlando malissimo l’inglese. “Non credo sia mai stato un limite!”, sottolinea. In lei alberga una continua messa in discussione, un non accontentarsi mai. “Mantenere alta la qualità per quarant’anni non è molto facile. Ogni volta che comincio un progetto ho paura. Paura di deludere le mie personali aspettative, paura di non riuscire ad aggiungere altro alla mia personale esperienza”.
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