Notaio incaricato di redigere l’atto pubblico di trasferimento immobiliare è responsabile per l’erronea dichiarazione fiscale

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Il superiore principio è stato stabilito da Cassazione civile, sez. III, sentenza 16.12.2014 n° 26369 secondo la quale il notaio, che sia stato incaricato di redigere un atto pubblico di trasferimento immobiliare, il quale abbia anche provveduto alla compilazione dei moduli ai fini INVIM, firmati dalla parte venditrice, riportando le dichiarazioni di quest’ultima in merito ai valori finali e iniziali, di identico importo, nonché abbia provveduto alla relativa registrazione senza avvertire la medesima parte delle eventuali conseguenze derivanti da dichiarazioni non veritiere, realizza una condotta contraria alla particolare diligenza richiesta dall’incarico professionale ricevuto.

Nello specifico, a seguito della registrazione dell’atto di compravendita ad opera del notaio, seguiva l’accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate, con relativa definizione bonaria della lite e pagamento della somma a cura della parte alienante, nella fattispecie una Onlus.
In riferimento al pagamento dell’INVIM, secondo la disciplina legislativa (art. 18 del d.P.R. n. 643 del 1972), i notai, per tutti gli atti stipulati con il loro ministero, devono richiedere ai cedenti la loro dichiarazione, rilasciata su modello fornito dall’Amministrazione, e devono produrla all’ufficio con l’atto stipulato.

La dichiarazione è rilasciata dal cedente, ma la legge impone al notaio, quando questi sia stato incaricato della stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, di chiedere al proprio cliente la dichiarazione e di produrla all’ufficio insieme all’atto stipulato.
In particolare nel caso sottoposto alla III Sezione Civile è stato affermato il principio di diritto in base al quale tra i mezzi e i comportamenti afferenti la prestazione professionale dovuta, è ricompresa la consulenza tecnica a favore della parte, finalizzata non soltanto al raggiungimento dello scopo privatistico e pubblicistico tipico, bensì “anche a conseguire gli effetti vantaggiosi eventualmente previsti dalla normativa fiscale e a rispettare gli obblighi imposti da tale normativa”.

Per individuare la diligenza richiesta al notaio nella specie in esame è utile la sintetica ricognizione della giurisprudenza di legittimità in materia.
Una linea costante rinvenibile negli arresti giurisprudenziali -in tema di atto pubblico di trasferimento immobiliare e in riferimento alle visure catastali- è data dalla riconduzione nell’oggetto della prestazione d’opera professionale del notaio delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza dell’atto rogando e ad assicurare la sua attitudine al conseguimento dello scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti (ex plurimis, Cass. 11 gennaio 2006, n. 264).

Centrale è il richiamo ai canoni della “diligenza qualificata” di cui all’art. 1176, secondo comma, cod. civ. per l’adempimento della prestazione professionale (Cass. 19 giugno 2013 n. 15305). E, in tale contesto, viene valorizzato il dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi della norma richiamata, riconducendo ad essa, come sanzionabili con la sola colpa lieve, fattispecie di inadempimento in cui il notaio aveva invocato la limitazione di responsabilità al dolo e alla colpa grave, prevista per il professionista dall’art. 2236 cod. civ., quale limitazione rilevante nel solo caso di imperizia rispetto a problemi tecnici di particolare difficoltà (Cass. 2 marzo 2005, n. 4427; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22398).

In particolare – anche sulla base delle evoluzioni giurisprudenziali intervenute in materia – ai fini di interesse per la presente controversia, si è affermato che la funzione del notaio non si esaurisce nella mera registrazione delle dichiarazioni delle parti, ma si estende all’attività di consulenza, anche fiscale, nei limiti delle conoscenze che devono far parte del normale bagaglio di un professionista che svolge la sua attività principale nel campo della contrattazione immobiliare.
Con la conseguenza di ravvisare la violazione dell’obbligo di diligenza di cui all’art. 1176, secondo comma cod. civ. in capo al notaio che non svolga una adeguata ricerca legislativa, ed una successiva consulenza, al fine di far conseguire alle parti il regime fiscale più favorevole (Cass. 13 gennaio 2003, n. 309).

Si è individuato il contenuto essenziale della prestazione professionale del notaio nel cosiddetto “dovere di consiglio” avente ad oggetto questioni tecniche che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire (Cass. 29 marzo 2007, n. 7707). Qualora il notaio non compia una attività che potrebbe compiere in base alla legge ai fini di una agevolazione fiscale, si è individuato in capo al notaio l’obbligo di informare le parti, non potendosene disinteressare, quando le parti abbiano dichiarato nei contratto di volersi avvalere di tale agevolazione (Cass. 26 marzo 2008, n. 7857).

In sintesi, il notaio, avendo accettato l’incarico di redigere l’atto di compravendita, è gravato dall’obbligo di individuare i corretti valori d’imposta, nonché di avvertire la parte in merito alle conseguenze derivanti da eventuali dichiarazioni non veritiere. In mancanza, dovrà risarcire i danni cagionati per tale di inadempimento, anche per colpa lieve.