L’avvocato ha il dovere di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente

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La pronuncia in commento (Cassazione Civile, seconda sezione, n. 6782 del 2 aprile 2015) riguarda un caso di responsabilità professionale dell’avvocato.

I parenti di un soggetto, deceduto a seguito di incidente stradale, avevano ottenuto nei gradi di merito, condanna al ristoro alla propria richiesta di risarcimento del danno –da parte dell’avvocato – per aver lasciato cancellare dal ruolo una causa di risarcimento danni nei confronti di una compagnia di assicurazioni.

Il caso finiva dinanzi alla Suprema Corte sulla base di specifico ricorso avanzato dall’avvocato difensore che, nell’esaminare le doglianze proposte, ripercorre brevemente l’istituto della responsabilità professionale in genere e, nello specifico, di quella relativa alla professione forense.

Nell’esaminare la questione sottoposta al proprio vaglio, la Corte afferma che “nelle prestazioni rese nell’esercizio di attività professionali al professionista è richiesta la diligenza corrispondente alla natura dell’attività esercitata (art. 1176 cod. civ.)”. La diligenza è dunque misurata in base alla perizia necessaria e all’impiego degli strumenti tecnici richiesti dalla tipologia di prestazione dovuta.

Risulta evidente che, l’analisi della diligenza richiesta varia da professione a professione. Nello specifico, è stato affermato che “Per gli avvocati la responsabilità professionale deriva dall’obbligo (art. 1176 c.c., comma 2 e art. 2236 c.c.) di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato, che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, ai quali sono tenuti nel rappresentare tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di chiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; a sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole“.

L’attività del difensore non è, quindi, limitata alla mera difesa tecnica in giudizio, e pertanto una carenza collegabile a una o più delle predette attività è idonea a configurare responsabilità professionale.
Nel caso di specie infatti, l’avvocato aveva l’onere di provare di essersi attivato nell’informare i propri clienti della sua determinazione di non proseguire il giudizio per essere stata la pretesa soddisfatta dall’assicurazione, e del dubbio esito rispetto alla possibilità di attivare la pretesa ne confronti degli altri debitori.

Nel caso de quo però, nessuna prova è stata articolata in tal senso dal professionista ricorrente, né allegata determinando, così, nei Giudici di Legittimità, la decisione di rigetto del ricorso.