Modica saluta commossa don Corrado Lorefice, il nuovo Arcivescovo di Palermo

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Lo hanno accompagnato fin sulla soglia del suo nuovo compito, per mano, col corpo, come si accompagna a una partenza un figlio, un fratello, un amico vero, con nel cuore il disordinato miscuglio della gioia di appartenersi e della tristezza di separarsi, per condividere – ancora una volta – la reciprocità dei sentimenti.

Non si vogliono proprio separare, i modicani, dal loro don Corrado, che da sabato pomeriggio non è più il parroco di San Pietro e San Paolo a Modica, ma l’Arcivescovo di Palermo: in Cattedrale sono arrivati quasi in mille, quasi tutti in autobus, partendo alle prime luci dell’alba per arrivare in Arcivescovado prima di mezzogiorno. Nemmeno il tempo di poggiare i piedi in piazza della Vittoria e sono letteralmente corsi in gruppo verso l’ingresso del palazzo, sapendo che lui stava per scendere e andare a pranzo – come aveva promesso, con la sua vecchia Ford – e lui naturalmente non si è sottratto all’incontro, con le braccia aperte con cui si accolgono gli amici.

Un abbraccio a tutti, una parola per tutti, come sempre, fin quando gli hanno più e più volte ricordato che era il momento di salutare e lui a malincuore si è deciso a dire: “Scusate, adesso devo proprio andare”. Nonostante Don Corrado si fosse congedato da loro ormai domenica scorsa, con l’ultima celebrazione eucaristica a parrocchie riunite nella chiesa madre di San Pietro, i molti che lo hanno accompagnato a Palermo lo hanno fatto come non avessero intenzione di lasciarcelo. E lui con lo sguardo, con l’abbraccio, con i gesti familiari di una quotidianità così densa e così a lungo vissuta, ha confermato ad ognuno di loro che in effetti non se ne separerà.

In fila fuori dai cancelli della Cattedrale, i fedeli della diocesi netina e quelli dell’arcidiocesi palermitana hanno mescolato ricordi e aspettative. “Vi affidiamo il nostro Corrado, scoprirete in lui una persona speciale”, dicevano i modicani. “Abbiamo letto, ascoltato, le cose che ha fatto e detto, non vediamo l’ora di conoscerlo. Il Papa ha fatto a Palermo un grande regalo nell’anno della misericordia”, rispondevano i palermitani. Uno scambio che è proseguito per tutta la lunghissima cerimonia di ordinazione e insediamento. Dopo la comunione, il coro della parrocchia di San Pietro ha “rubato i microfoni” a quello della Cattedrale, intonando il canto dell’antica benedizione di San Francesco a Frate Leone: “Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e ti dia pace”. Affetto e commozione, fino alle lacrime, li hanno accompagnati fino a ieri mattina, quando alle 9 – prima di andare al suo primo appuntamento al carcere dell’Ucciardone – Monsignor Corrado ha ricevuto i modicani rimasti a Palermo in udienza privata, condividendo le emozioni del lungo pomeriggio. Al petto, la croce di legno d’ulivo siriano, regalo di una delle suore focolarine di Damasco che lui è andato a visitare la scorsa primavera: sarà quella che userà, avendo fatto voto di non indossare mai oggetti d’oro.

Vengo in mezzo a voi anzitutto come un uomo che vuole condividere i suoi sentimenti e la sua storia. Sono nato a Ispica, in una piccola città siciliana, da una famiglia ‘naturalmente’ cristiana, che amo immensamente e che saluto di cuore”. Le prime lacrime sono salite agli occhi di Monsignor Corrado – la voce rotta dall’emozione e lo sguardo alzato, un attimo appena, per guardare in prima fila mamma Clementina e papà Salvatore, la sorella Lina, il fratello Michelangelo, i nipoti Viviana, Silvia, Chiara, Daniele e Salvatore – non più di un minuto dopo l’inizio del lungo discorso con cui ha toccato il cuore delle migliaia di persone letteralmente stipate tra le navate della Cattedrale di Palermo. È qui che inizia la storia dell’uomo Corrado, tra la sua Ispica, patria della sua “chiesa domestica”, Noto, dove si è formato alla scuola di Monsignor Salvatore Nicolosi – “grande vescovo del Concilio, a cui devo tanto, e io so che stasera lui, tangibilmente presente nel segno della croce pettorale che porto (dono dei familiari, ndr),  nella comunione dei santi ci benedice” – e Modica: “Qui sono stato parroco di San Pietro in Modica per sette meravigliosi anni e dall’anno scorso anche della Parrocchia San Paolo Apostolo”.

Monsignor Corrado Lorefice si è presentato così alla Diocesi sua nuova “sposa”: “Questa è stata sinora la mia vita, così bella, così intensa e così normale”. Un percorso che ha dettato anche la scelta del suo motto, il riferimento evangelico “Exemplum dedi vobis”, che i suoi concittadini e parrocchiani percepiscono così profondamente connaturato al suo ministero. Immancabile il riferimento al Concilio Vaticano II, non solo riguardo a Monsignor Nicolosi, ma anche al libro sul discorso di Dossetti e Lercaro sulla Chiesa dei poveri che ha scritto durante i suoi primi anni da parroco a San Pietro e che pare grande influenza abbia avuto nella scelta di Papa Francesco. Tra i vescovi e i presbiteri che hanno presenziato alla cerimonia, oltre al vescovo di Noto Antonio Staglianò c’erano almeno altre due persone importanti per Corrado: Monsignor Rosario Gisana, anche lui modicano, che ha condiviso interamente con lui il percorso di formazione e da un anno è vescovo di Piazza Armerina, e don Salvatore Cerruto, da tempo impegnato in missione nella diocesi africana di Butembo Beni che ha visitato spesso.

[Fonte La Sicilia]