Attentati a Bruxelles. La testimonianza di Matteo Albania: “Fuori è un deserto”

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Questa mattina è tornato il terrore in Europa.

Prima due esplosioni all’aeroporto Zaventem alle 8 del mattino  poi un’altra bomba esplosa alla fermata Metro Maelbeek. Per il momento si contano oltre 23 morti.

Per capire che aria si respira in questi terribili momenti a Bruxelles, abbiamo contattato Matteo Albania, ventottenne ragusano, che da tre anni lavora nella capitale belga, prima al Parlamento Europeo e adesso al Partito Popolare europeo, vicino alle istituzioni europee.

Al momento dell’attentato all’aeroporto – ci racconta Matteo – ero a casa, mi stavo preparando per andare in ufficio. Appena sono arrivato in ufficio, abbiamo ricevuto le notizie delle bombe alle stazioni della metro che si trovano a poche centinaia di metri dal mio luogo di lavoro. Ci hanno detto espressamente di non uscire”.

Una città ferita e terrorizzata.

Sentiamo sirene della polizia da un paio d’ore. Anche elicotteri, i militari stanno pattugliando le strade che sono deserte. C’è grande tensione e paura. Le immagini sono tragiche. Molti di noi prendono la metro in quei punti nevralgici, quindi i primi pensieri sono andati a colleghi e amici. Fuori è comunque tutto bloccato e deserto”.

Un episodio avvenuto appena tre giorni dopo l’arresto di Salah Abseideslam, il principale ricercato per gli attentati di Parigi del 13 novembre.

E anche Matteo ci conferma che sia lui che i suoi colleghi non hanno potuto fare a meno di notare questo inquietante dettaglio.