“Matteo era sano e forte”. Lo ‘sfogo’ dei genitori, che ora chiedono giustizia

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L'ultimo saluto al piccolo Matteo nella chiesa di San Giuseppe Artigiano, a Ragusa

“Nostro figlio era sano e forte, non aveva alcun problema. È stato il ritardo nel parto cesareo a rovinarlo per sempre”. A parlare sono Corrado Occhipinti e Rosalba Asta Rocca, i genitori di Matteo, nato il 16 agosto del 2014 al Maria Paternò Arezzo di Ragusa Ibla. Un bambino atteso e desiderato, ad un anno dal matrimonio, che doveva portare luce e gioia nella loro casa, e che invece in quella casa non è mai arrivato.

Tre anni fa, infatti, è iniziato un calvario conclusosi nel peggiore dei modi il 31 agosto, giorno in cui Matteo è spirato tra le braccia dei propri cari. Il piccolo ha riportato danni irreversibili al momento del parto perché, come si legge nell’atto di citazione a firma degli avvocati Santino Garufi e Marcella Morgante, «al momento della nascita, presentava apnea e spiccata bradicardia con ipotonia e pallore e veniva subito sottoposto a rianimazione cardiopolmonare con ventilazione associata a compressioni toraciche». Da quel momento Matteo, cieco e sordo, è rimasto in coma, con dipendenza da ventilatore ed in nutrizione enterale continua con sondino orogastrico. «Tale condizione – si legge ancora nel documento – è compatibile con gli esiti di una grave encefalopatia ipossico – ischemica perinatale post – asfittica».

Come detto, per i genitori è stato perso troppo tempo prima di procedere col taglio cesareo, sebbene ci fossero «gli “eventi sentinella” che dovevano far capire ai medici che il feto era in una condizione di sofferenza da affrontare in tempi rapidi». In un tracciato eseguito intorno alle 14.30, pare fosse chiaro che qualcosa non andava e mamma Rosalba è convinta che se i medici a quel punto fossero intervenuti subito, tutto questo non sarebbe accaduto. Matteo invece è nato un quarto dopo le 16, davvero troppo tardi.

“La ginecologa che ci aveva seguiti durante tutta la gravidanza – raccontano i genitori – era in ferie, e ci ha assistiti il medico di turno che si è intestardito: Matteo doveva nascere con il parto naturale”. Corrado inizialmente assiste la moglie durante il travaglio, ma quando le cose si complicano viene invitato ad uscire. «In quel momento, pensavo comunque che la situazione fosse sotto controllo e che col cesareo si sarebbe risolto tutto. Aspettavo di sentire il pianto di mio figlio – ricorda – ma quando l’ostetrica è uscita di corsa, ho visto che lo stavano rianimando, era cianotico. Poco dopo lo hanno portato in neonatologia, mi hanno detto che la situazione era grave e hanno cominciato con le trasfusioni, sia a lui che a mia moglie”.

Il parto cesareo di Rosalba, infatti, si è trasformato in un intervento chirurgico di quattro ore, durante il quale è andata incontro a gravi emorragie. “Mi hanno salvata in extremis – racconta – ma nei circa 15 giorni successivi avevo la febbre alta, non riuscivo ad alzarmi dal letto. I medici dicevano che andava tutto bene; in realtà, quando finalmente mi hanno trasferita al Cannizzaro di Catania, ho scoperto che ero in setticemia e avevo solo poche ore di vita”.

C’è una perizia di 200 pagine che racconta il modo in cui il piccolo Matteo è stato fatto nascere e ha “vissuto”. “L’assenza di autonomia delle funzioni respiratorie – si legge in un passaggio dell’atto di citazione nei confronti dell’ASP 7 – l’impossibilità di alimentazione autonoma, la grave compromissione neuromotoria (decerebrazione), la presenza di crisi farmaco – resistenti, oltre alle problematiche di crescita sono tutte conseguenze della grave compromissione cerebrale causata dalla infausta gestione perinatale ostetrica”.

Dimesso dal Maria Paternò Arezzo nel maggio del 2016, il piccolo è stato trasferito al Centro Risvegli Ibleo dove, tra crisi di febbre alta e di ipotermia, danni permanenti al sistema nervoso centrale e sofferenza polmonare, ha lottato ogni giorno per aggrapparsi alla vita. Il 18 agosto il trasferimento nella rianimazione dell’ospedale Civile, il 31 agosto la morte. I funerali sono stati celebrati nella chiesa di San Giuseppe Artigiano, a Ragusa. «Matteo è un Santo, un piccolo bambino ma un grande Santo. E come tutti i Santi, il suo posto è il Paradiso» ha detto, nella sua omelia, padre Giuseppe della parrocchia S.Antonio di Comiso.

“Nemmeno i medici pensavano che avrebbe vissuto tanto – rivelano i genitori – ma lui era forte, e il suo cuore ha resistito ad una serie infinita di complicanze e infezioni perché prima del parto era sano. Adesso che tutto è finito, vogliamo giustizia per Matteo e abbiamo denunciato anche per evitare che possano accadere episodi simili”.

Giustizia per Matteo e per se stessa, segnata a vita da questo dramma nel corpo e nell’anima, e ora tutto si sposta nelle aule di tribunale. Gli avvocati Morgante e Garufi hanno citato in giudizio l’Asp di Ragusa, che ha chiamato in causa i quattro medici che hanno preso in cura il piccolo Matteo. Nell’udienza del 5 luglio scorso, il GOT dott. de Angelis ha conferito incarico ai consulenti tecnici di ufficio, dott.ssa Antonella Milana e dott. Antonio Calderone, mentre i coniugi Occhipinti hanno nominato quali propri consulenti di parte il dott. Carmelo Antonio Bambili, il dott. Antonio Luciano e il prof. Ettore Piro.

La prossima udienza è in programma il 17 gennaio e il collegio peritale dovrà depositare la consulenza entro il 23 dicembre. A quel punto si valuterà la possibilità di presentare denuncia penale nei confronti dei quattro medici, se sarà accertata la loro responsabilità. Un atto di citazione che arriva a seguito di quanto accaduto nell’ottobre del 2014: in quell’occasione fu avanzata una richiesta di risarcimento all’Asp, per arrivare ad una soluzione bonaria della controversia. Alla diffida, però, non è seguito alcun riscontro da parte dell’Azienda Sanitaria, quindi sono state adite le vie legali.