Carla Dipasquale: “Il mio Indipendence day nell’America che amo”

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Tre giorni fa si è festeggiato il Giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti. Una festa affascinante, gioiosa e per gli statunitensi sicuramente densa di significato.

Noi ce la siamo fatta raccontare da Carla Dipasquale, giovane ragusana che da tre anni è ‘emigrata’ oltreoceano e ha festeggiato l’Indipendence Day a Boston.

Partiamo dall’inizio, come è nata l’idea di trasferirti negli Stati Uniti?

Mi sono trasferita a fine ottobre 2015 con mio marito. Lui aveva ricevuto un’offerta di lavoro come Postdoc presso la Vanderbilt University di Nashville, in Tennessee e siamo rimasti lì fino ad Agosto del 2017 quando abbiamo lasciato il sud per trasferirci a Boston, in Massachusetts. Durante i due anni a Nashville io lavoravo presso un museo e nel resto del tempo facevo l’illustratrice freelance (cosa che faccio tuttora). Mio marito invece adesso insegna Robotica presso il WPI (Worcester Polytechnic Institute). Di fatto questa è stata per noi la prima festa dell’Indipendenza a Boston e devo dire che l’ho trovata un’esperienza molto diversa da quella vissuta precedentemente a Nashville.

Ci racconti la festa dal tuo punto di vista?

Diciamo che genericamente il 4 luglio negli Stati Uniti viene vissuto come la maggior parte delle feste americane. È un’occasione per far festa con amici e parenti, mangiando carne grigliata e hot dog e per vedere i fuochi d’artificio che sono proverbialmente i più belli dell’anno. A Boston però questa ricorrenza, così come tutte le altre date legate alla Rivoluzione Americana, è vissuta con particolare slancio perché è proprio qui che molti di questi eventi storicamente hanno avuto luogo. L’evento più interessante che si svolge a Boston in questa occasione è sicuramente la lettura della Dichiarazione di Indipendenza dal balcone dell’Old State House, esattamente lo stesso balcone dal quale venne letta la prima volta nel 1776. Preceduta dal “Pledge of Allegiance” (il giuramento di fedeltà alla bandiera americana, recitato a gran voce da tutti gli spettatori) e da “God Bless America” (uno fra i numerosi inni cantati in questo genere di occasioni), la cerimonia si è svolta in un clima di profondo rispetto. D’altro canto che gli americani abbiano un fortissimo spirito patriottico è fatto risaputo ma sentire la gente recitare a memoria la Dichiarazione d’Indipendenza, ossia un documento lungo e scritto in un linguaggio a tratti antiquato, mi ha davvero colpita.

Con la situazione di tensione al confine messicano di certo il clima politico non è tra i più distesi. Questo si è avvertito durante la festa?

Questa celebrazione è stata anche l’occasione per molti per ribadire le proprie posizioni politiche. In questo clima di tensione un clima di tensione molti giornalisti, blogger, attivisti ma anche persone comuni con un account Facebook o Instagram, hanno tenuto a sottolineare proprio in questo giorno di festa il fatto che in questo paese siamo tutti immigrati, senza alcun diritto di precedenza sugli altri. È questo probabilmente uno degli aspetti che più amo dello spirito americano, l’idea che ciascuno nel suo piccolo possa fare la differenza, possa ribellarsi contro quella che reputa essere un’ingiustizia, possa chiamare il proprio rappresentante al Congresso o al Senato ed esprimere il proprio dissenso, possa andare in piazza a protestare contro leggi ingiuste perché nessuno sforzo e nessun atto politico pacifico, anche se piccolo, è mai sprecato o inutile.