‘Carnaio’. Alla Ubik di Ibla si presenta il nuovo libro di Giulio Cavalli

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Mercoledì 5 giugno alle 19, presso i locali della libreria Ubik di Ragusa Ibla si terrà la presentazione del nuovo libro di Giulio Cavalli “Carnaio” ed. Fandango, converserà con l’autore Giuseppe Traina.

Giulio Cavalli (Milano 26 giugno 1977) è attore, drammaturgo, scrittore, regista teatrale ed è stato anche politico. I suoi libri e i suoi spettacoli sono spesso legati a storie del presente. Qualcuno lo descrive come autore civile ma gli piacerebbe fare un giro tra gli incivili per capire chi assegna il patentino.

Scrive per Left, per Fanpage, per L’Espresso e ha scritto per Il Fatto Quotidiano. Gira spesso per L’Italia.

Nel 2009 mette in scena il monologo Do ut Des, spettacolo teatrale su riti e conviti mafiosi. A causa delle minacce mafiose ricevute a seguito della messa in scena di quest’ultimo spettacolo, gli è stata assegnata una scorta. Cavalli prosegue nella sua denuncia delle collusioni e infiltrazioni mafiose con Radiomafiopoli e altri spettacoli. Il 4 gennaio del 2010 gli viene assegnato il Premio giovani Giuseppe Fava.

Carnaio è un romanzo scritto da Giulio Cavalli, pubblicato nel 2018 da Fandango. Un romanzo distopico, inquietante, grottesco, attuale e necessario. Contro le onde che nascono dagli eventi, contro l’indifferenza.

“Questo non è un cadavere del nostro mondo, signor
commissario.” Sembrò a tutti una frase rotonda, perfetta.

Sinossi
Giovanni Ventimiglia è un pescatore, da tutta la vita raccoglie nelle sue reti acciughe e granchi, anche se negli ultimi anni il mare è diventato avaro e sulla sua piccola nave non ha più un equipaggio. Il pesce lo vende nel mercato di DF, un paesino aggrappato alla costa come tanti, con un parroco che fa la predica ma va a puttane, un sindaco che è padre di sindaco, un’emittente locale che scalda i cuori delle casalinghe con il suo conduttore brizzolato. Ma un giorno di marzo Giovanni attraccando al pontile trova un cadavere, un uomo che in ammollo dev’essere stato per giorni, un ragazzo non di quelle parti, forse dell’Est o del Sud, uno di colore comunque. E dopo di lui, i ritrovamenti di cadaveri sbiaditi dall’ acqua, tutti giovani, tutti neri si susseguono, senza che le autorità locali riescano a trovare un filo, cumuli di cadaveri da seppellire, identificare, gestire. E da DF chiedono aiuto, ma da Roma prendono tempo, impongono accertamenti, tanto che, per non venire sommersi, i cittadini saranno costretti a escogitare un sistema per affrontare l’emergenza, e poi nel tempo trasformarla in profitto. Con uno sguardo che ricorda Saramago e Bolaño, Carnaio è un incubo di carne e soldi, la profezia di un mondo prossimo, in cui l’ultimo passo verso l’abisso è già alle nostre spalle.

“Il primo cadavere lo ritrovarono impigliato tra gli scogli, quelli bassi, all’ attaccatura del pontile. Indossava una camicia a quadrettoni rossi e blu tutta sbordata e allacciata solo negli ultimi due bottoni in fondo, e poi dei pantaloni corti, da calciatore, forse di qualche squadra importante, resi trasparenti e velini dal caldo, dal sale, dal sole. Niente scarpe”.

La narrazione avviene attraverso vari personaggi, in modo che la vicenda venga raccontata dai vari punti di vista. La storia ha un crescendo sempre più paradossale, alimentato da paura, da censura e da una dittatura subdola. L’umanità, intesa come sentimento di comprensione e solidarietà umana, si sfalda, l’empatia scompare del tutto e ci si adegua. Pochi resistono cercando di non essere indifferenti, di indignarsi, di credere ancora di poter scegliere tra bene e male, ma sono davvero un minuscolo puntino luminoso di speranza in un buio vuoto. Nessuno si salva, tutti finiscono nel carnaio.

“Chi non si adatta diventa straniero. Chi è straniero diventa un impiccio, anche se un’ora prima era tua moglie, tuo fratello, tua figlia.”

E’ un libro che ti resta dentro e riemerge ogni volta che si sentono politici, giornalisti e persone comuni parlare degli immigrati (difficilmente dell’immigrazione). La parola “immigrato” si è snaturata, non ha più significato di “persona che si trasferisce in un altro paese”, la “persona” non è inclusa nel concetto, “immigrato” è divenuta una parola che indica qualcosa di negativo, pericolo e paura. L’immigrato è divenuto un capro espiatorio per i nostri fallimenti e per le nostre frustrazioni, è divenuto un qualcosa di astratto, è divenuto un qualcosa che si può sfruttare ed usare, cosa che non si può fare con le persone, sarebbe immorale! E allora li prendiamo, li spostiamo, li mandiamo, li usiamo. “della carne che ci porta la marea non si butta via niente. Niente. Come il maiale.”