Ancora positivi o negativizzati? L’attesa (snervante) per fare il tampone

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Stare a casa per il Covid e non sapere quando finirà. È ciò che provano tutti i positivi in isolamento fiduciario, perché non sanno quando si negativizzeranno. Ma il problema sorge quando non si sa neanche il momento in cui il tampone di controllo verrà effettuato.

È ciò che sta succedendo a Ragusa, che con 526 positivi in isolamento domiciliare e  2245 in tutta la provincia (dati di oggi), ha senza dubbio una situazione difficile da gestire.

Così i tempi di attesa si allungano e di conseguenza anche i giorni di isolamento. È quanto successo a una coppia ragusana, lei positiva al primo tampone, lui in isolamento fiduciario, che avrebbe dovuto fare il tampone di verifica dopo 10 giorni, ma che ancora non ha visto arrivare alla porta della propria abitazione il personale dell’Usca.

“Abbiamo provato a contattarli telefonicamente – ci racconta lui – e dopo alcuni tentativi, ci hanno risposto che i tempi si sarebbero allungati, ma non ci hanno saputo di dire di quanto, perché c’è una lista d’attesa in continuo aumento. A quel punto, per rendermi meglio conto di come fosse la situazione, ho chiesto delucidazioni sull’organizzazione. Mi hanno detto che sono presenti due medici e due infermieri che devono occuparsi delle richieste che arrivano da Giarratana, Ragusa, Marina di Ragusa, Santa Croce e Scicli. Una mole di lavoro davvero elevata per così pochi professionisti”.

Spiegare questa situazione non è un’accusa nei confronti del personale sanitario, ma un modo per mettere in evidenza la condizione in cui molti ragusani si stanno trovando.

“Siamo chiusi in casa ormai da 13 giorni, 11 di isolamento dopo il tampone positivo di mia moglie e 2 preventivi che abbiamo fatto alle prime linee di febbre. Siamo stati responsabili, non siamo usciti di casa ancora prima di poter fare il tampone, abbiamo contattato noi stessi tutte le persone con cui eravamo stati in contatto, abbiamo sanificato gli ambienti in comune del nostro condominio. Abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere per non contagiare gli altri, a partire dalle persone a cui vogliamo bene. Io e mia moglie viviamo in zone diverse della casa e quando ciò non è possibile indossiamo sempre la mascherina perché, mentre lei ha il risultato del tampone, io in realtà non so, se sono un asintomatico o se non sono stato contagiato”.

“Abbiamo rispettato le norme e continueremo a farlo – conclude – perché siamo persone responsabili, ma adesso desideriamo avere un riscontro, perché vorremo tornare al nostro lavoro, alla nostra vita, ai nostri affetti consapevoli, certo, che c’è chi non ha più potuto farlo”.