Vittoria, dopo il voto la sfida è il ritorno alla normalità

397

Ѐ rimasto arrotolato per due lunghe settimane diventando suo malgrado simbolo di una “non-vittoria” al primo turno. La sera dell’11 ottobre, quando lo stillicidio dei numeri comunicati dalle sezioni aveva oramai tracciato una linea chiara che sfiorava il 40% senza però riuscire a toccarlo, il poster della vittoria di Ciccio Aiello era stato lasciato avvolto di fianco all’ingresso della sede del comitato elettorale, in piazza del Popolo. Un paio d’ore prima, quando Aiello era quasi stato acclamato sindaco con qualche punto sopra la soglia del 40% e l’entusiasmo dei suoi sostenitori si era fatto incontenibile, qualcuno lo aveva issato lassù e aveva reciso la prima fascetta, ma era stato subito bloccato da qualcun altro, forse su ordine dallo stesso candidato, per scaramanzia: “Aspettiamo”. Poi gli animi si erano raffreddati, la vittoria era stata rimandata, e le due scale a pioli sotto al poster erano state chiuse mestamente e riportate dentro alla sede. Ieri, dopo quindici giorni di incertezze, Aiello è stato eletto sindaco di Vittoria per la settima volta nella sua lunga storia politica e il poster è stato finalmente liberato e lasciato campeggiare, enorme, sulla piazza.

Ci vuole davvero poco a diventare emblema di qualcosa, a volte. Un gesto, un aneddoto che dicono molto di più di quello che sono in sé e per sé. L’episodio del poster ci parla di una città in attesa, con il fiato sospeso. Ci racconta di una campagna elettorale lunga quindici mesi e combattuta fino all’ultimo respiro, “troppo combattuta”, come l’ha definita lo stesso Aiello pochi attimi dopo la conferma della sua elezione. Una campagna dura, che ha visto confrontarsi quattro candidati al primo turno, quattro diverse idee di città, e poi due, antitetici, al ballottaggio: il “vecchio” politico di sinistra, già sindaco sei volte, e il “giovane” candidato di destra, in passato tra i sostenitori della giunta Moscato, il professore in pensione e l’avvocato in carriera, una sfida nella quale vecchio e nuovo hanno assunto connotati complessi, a tratti paradossali. Che si sono riversati, inevitabilmente, anche nella comunicazione che ha caratterizzato questa campagna, con un Aiello “boomer” debordante sui social e un Sallemi che è apparso quasi sobrio a confronto. Anche qui, uso del vecchio e del nuovo che si intrecciano in combinazioni inopinate, strambe.

Tutto questo in una città che di “nuovo” ha più che mai bisogno. “Rinascere”, “voltare pagina”, “ricostruire”, queste le espressioni e gli slogan ripetuti come mantra negli scorsi mesi fino a farne quasi perdere il senso e che hanno accomunato tutti gli schieramenti. Perché Vittoria esce finalmente da tre lunghi anni di commissariamento, tre anni di anormalità, tre anni di non politica, tre anni di sospensione. E, prima ancora, esce dal vulnus dello scioglimento del consiglio comunale per mafia, nell’ormai lontano luglio 2018. Sono circostanze che pesano sull’autostima di una città, sull’immagine di sé che cerca faticosamente di costruire almeno una parte di essa, quella che ambisce a essere moderna, pulita, imprenditoriale, legalitaria, equa. Tutti valori e ambizioni che ciascuna parte politica ha rivendicato a sé come pezzi del proprio bagaglio civico e culturale. Vedremo alla luce dei fatti a venire chi, al governo della città o all’opposizione, darà significati concreti a quelle ambizioni, e quali. Vedremo se la sfida del voltare pagina sarà vinta, questa volta, e con il contributo di chi.

Sul poster finalmente sciolto dai legacci, sotto alla foto di Ciccio Aiello in formato gigante, si legge “Sarò il sindaco di tutti”, una frase certamente non originale, al contrario abusata, ma chissà che non sia una promessa che verrà mantenuta. Questo, certamente, sarebbe originale.