Guardo al futuro, nel presente non mi ci trovo proprio benissimo

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Non ho mai amato le ricorrenze e le ’feste comandate’, o meglio, ho iniziato ad odiarle per il senso di vuoto che mi lasciava la lontananza di parte della mia famiglia. L’8 marzo era la mimosa comprata da papà e poi, crescendo, da giornalista, la ‘caccia’ ai dati che quasi cinicamente delineasse la situazione delle donne nel passare degli anni. Numeri che nella maturità si sono accompagnati ai volti, alle cicatrici, ai lividi, alle sofferenze ma anche ai successi e alle gratificazioni.

8 marzo 2022. A costo di sembrare superficiale a qualcuno, ho deciso di continuare ad essere sincera e allora vorrei mettermi nella testa di un ‘millennials’, di un ‘nativo digitale’. Già. Cosa rappresenta oggi per un adolescente l’8 marzo? Forse nulla. Nella mente di gran parte dei nostri giovani e govanissimi, non ci sono differenze tra uomini e donne, non ci sono lavori da maschio e lavori da femmina, non ci sono differenze di pelle; il fatto di evidenziare i luoghi comuni che ancora emergono sembra il segno di una consapevolezza collettiva cambiata, in cui anche le ‘quote rosa’ iniziano a perdere il senso. Siamo piombati in una guerra globale che arriva alla fine di un anno di privazioni e di vite stravolte da un virus, in cui abbiamo imparato a riconoscerci dagli occhi, a scrutare negli occhi per decodificare un sorriso o una espressioni triste. Sì, abbiamo imparato nuovamente a guardarci negli occhi. I nostri ragazzi non conoscono i ‘confini’. Conoscono il mondo, sanno cosa accade in ogni parte del globo, conoscono coetanei ovunque. Hanno forse perso i significati profondi, chiamano ‘amico’ chiunque entri in contatto con loro, ma non sono superficiali e questo lo devono anche alle battaglie per l’8 marzo, alle donne che un 8 marzo hanno manifestato contro una guerra – per i nostri figli lontana – in piazza a San Pietroburgo, era il 1917, alle donne che non si sono mai arrese, che hanno chiesto le stesse chances di un uomo, che hanno combattuto spesso silenziosamente per il diritto al voto, al lavoro, alla giusta retribuzione. A quelle donne che son fuggite o a quelle che oggi si cerca di far tacere.

8 marzo 2022. Sono sicura che nella mente dei nostri ragazzi ci sia una guerra di ‘vecchi’ oggi incomprensibile. E ai loro ‘perché’, è complesso rispondere. Abbiamo abusato delle parole, ‘guerra’, ‘trincea’, ‘battaglia’, abbiamo puntato al benessere, alla ricchezza, e ai ragazzi resta il ‘perché’, una parola non più ancorata alla fase preadolescenziale delle prime scoperte, ogni genitore – ne sono certa – pensa ai ‘perchè’ pronunciati a raffica da suo figlio in questo periodo della sua vita. Comprendono cosa sta accadendo ma non capiscono.

8 marzo 2022. Oggi l’8 marzo è quello delle donne che fuggono con i figli. Dei mariti e dei ragazzi appena maggiorenni che ‘devono’ imbracciare un fucile e sparare contro un nemico che non è il loro. Di paesi lontani in cui, nei villaggi, si promuovono delle raccolte di fondi per fare partire i giovani, verso un futuro migliore. In Africa. Ah, già, quelle però non sono guerre giusto? E le persone che fuggono non sono profughi, vero? Sono migranti. Quei bambini costretti a crescere in fretta e che svuotano, in banchina a Pozzallo, tasche piene di sabbia accumulata in mesi di sofferenza, no, quelli no, non sono profughi. Sono guerre dimenticate finché non intaccano tasche e convenienze. Ma i ragazzi, i ragazzi non vedono confini, e restano, nonostante tutto, la parte migliore di noi.

A che punto siamo e dove stiamo andando? Guardo grata alle donne e agli uomini che hanno lottato per una libertà che deve essere curata, tutelata e alimentata. Vorrei non si parlasse più di femminicidi, parità salariale, quote rosa, aborto, omosessualità, razzismo, significherebbe essere andati avanti. L’ 8 marzo vorrei fosse giornata di famiglia.

8 marzo 2022. Penso al futuro. Dal passato c’è qualcuno che continua a non imparare nulla, e nel presente non è che mi ci trovo proprio benissimo.

Giada Drocker