Il ‘San Giovanni’ compatibile con Caravaggio e il ‘Gioia mio’ del Pinturicchio ibleo

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“Per tutti noi non c’è dubbio: il quadro focus centrale della mostra a Ragusa, è di Caravaggio”.

Lo hanno affermato, come riporta una nota ufficiale, i partecipanti al simposio promosso dagli organizzatori della mostra del quadro “San Giovanni giacente” di Caravaggio.

Presenti al simposio alcuni studiosi, ma non quelli che – nei giorni scorsi – avevano messo in dubbio l’autenticità dell’opera o, più precisamente, che non confermavano, come fanno altri loro colleghi, la paternità del Caravaggio per quest’opera esposta a Ragusa.

Tra gli interventi quelli degli storici dell’arte Roberta Lapucci ed Emilio Negro, del fisico diagnostico di opere d’arte Teobaldo Pasquali, del dott. Francesco Moretti membro del comitato organizzativo della mostra e del chimico Leonardo Borgioli. Per il curatore della mostra, lo storico dell’arte Pierluigi Carofano, il simposio ha favorito l’ulteriore dibattito sul quadro nel rispetto dei documenti: “E’ vero che certezze nell’ambito della storia dell’arte non ce ne sono, però, anche alla luce degli interventi presentati, possiamo dire che questo quadro sia autografo, un dipinto eseguito da Caravaggio nell’ultimo periodo della sua vita”. Si tratta di un’opera a lungo studiata da Roberta Lapucci, che lo ha anche restaurato, e che ha pochi dubbi in proposito: “Il quadro è di Caravaggio! Le ricerche che sono state condotte per più di 20 anni consentono di avere tanti elementi che non pongono dubbi sulla sua autografia. Piuttosto è chiaro che un’attribuzione su Caravaggio continua nella storia perché i documenti che noi abbiamo coprono archi temporali piuttosto ampi per le opere di Caravaggio ma non abbiamo la catena chiusa di provenienza. Su quest’opera continueremo a fare altre indagini, è prevista una macro x-ray fluorescence, quindi la ricerca è perenne. Un’opera d’arte continua ad essere sempre curata ma ad oggi non abbiamo elementi che vanno contro l’autenticazione tecnica e contro l’attribuzione”.

E anche l’altro storico dell’arte presente, Emilio Negro, sostiene l’autenticità dell’opera attribuita al Merisi: “Personalmente non dico mai è un’opera certa, perché sarebbe presunzione ma lo dico quantomeno tra parentesi, quello è un quadro effettivamente di Caravaggio. E il simposio, con voci anche differenti, è stato un utile confronto. Ma resto del mio parere ovvero che il San Giovanni giacente è una splendida opera tarda del Caravaggio”.

Il fisico e diagnostico Teobaldo Pasquali, ribadisce che la riflettografia ad infrarossi eseguita sull’opera certifica che la tecnica è compatibile con quella di Caravaggio.

Un dibattito interessante, che non mette la parola fine in maniera inequivocabile (non potrebbe essere altrimenti) e che ha da insegnare qualcosa, invece, sul tema della comunicazione soprattutto su temi affascinanti e delicatissimi come l’arte. Ancor più lampante la risposta a chi ha provato a farne una battaglia all’ultimo esperto per dimostrare di avere ragione, lasciandosi scappare, in aula, una consecutio temporum più che fantozziana. L’assessore Ciccio Pinturicchio Barone avrebbe (qui ci sta!) la possibilità di ricaricarsi un po’ godendo della bellezza che – sia l’opera di Caravaggio di persona personalmente o meno – illumina i visitatori che si recano alla mostra. Un tuffo nella bellezza, una pausa, prima di riprendere la sua scalata a Palazzo dell’Aquila, mentre il buon Peppe Cassì prova a rintuzzare, gestendo i malumori provocati, anche tra i suoi, dal vulcanico assessore che stringe mani e, con una contaminazione di chiara derivazione della Contea, ringiovanisce la noiosissima politica ammantandola della nobilissima arte del “Gioia mio”. No, non quello di Scicli: il suo è unico e inconfondibile.