Christian De Florio e Carlo Tumino “Papà per scelta” al Ragusa Pride

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Diffondere cultura sull’omogenitorialità, abbattere i pregiudizi sulla paternità, sovvertire gli stereotipi di genere, creare una narrazione altra rispetto a quella dominante, e tossica, sulle famiglie arcobaleno: è questo l’obiettivo che si sono dati Christian De Florio e Carlo Tumino, i padrini del Ragusa Pride 2023, meglio noti come i “Papà per scelta”. Papà di due meravigliosi gemelli, per scelta perché la loro è una paternità che è stata fortemente voluta e che è stata resa possibile grazie all’aiuto di Krista, la madre surrogata dei bambini. O, in termini meno burocratici, la belly mommy di Julian e Sebastian, con la quale papà e figli hanno tuttora – dopo cinque anni e nonostante la distanza da Las Vegas dove Krista vive con il resto della sua famiglia – un solido legame di affetto reciproco.

Con due libri all’attivo (l’ultimo, Quattro uomini e una stella, pubblicato da Rizzoli), una presenza sui social seguitissima (il loro profilo instagram conta 317.000 follower), apparizioni in tv, interviste su quotidiani e riviste nazionali, un podcast di successo e persino un gioco da tavolo firmato da loro che si chiama, non a caso, “Quante famiglie”, Christian e Carlo si definiscono attivisti e influencer ma, decisamente, sono quanto di più lontano si possa immaginare dal modello plastificato dei Ferragnez.

La loro è una narrazione della quotidianità familiare, dell’esperienza di una paternità che, come ogni genitorialità, vive di amore, gioie, difficoltà, concretezza, e dello sforzo consapevole di schivare le trappole che l’essere genitori presenta, ad esempio quella di una genitorialità performativa. “I primi mesi ci siamo caduti dentro con tutte le scarpe, perché sentivamo di dover dimostrare, prima agli altri e poi a noi stessi, di essere in grado di crescere dei bambini – racconta Carlo. – Adesso invece siamo maturati e ci siamo resi conto di essere una famiglia totalmente imperfetta, siamo dei genitori che vanno a tentoni, come tutti, che provano ad ascoltare i propri figli per capire qual è la soluzione migliore per quello specifico bisogno in quel preciso momento.”

La visibilità che da anni costruiscono intorno alla loro famiglia tutta al maschile non ha niente a che vedere con l’ostentazione o l’autopromozione, al contrario è una scelta politica precisa sebbene agita al di fuori di ideologie e appartenenze. “Abbiamo scelto di fare un attivismo non strillato – spiega Christian –. Non apparteniamo a nessuna associazione, non abbiamo mai dato un endorsement politico a una fazione piuttosto che a un’altra e veniamo fondamentalmente percepiti come persone comuni che si sono esposte.”

“Molti scambiano la visibilità per ostentazione, ma nel nostro caso la visibilità ha un valore sociale e culturale fondamentale in una società che in questo preciso momento storico sta cercando di cancellarci, di invisibilizzarci – gli fa eco Carlo. – Quello che facciamo è necessario non solo a noi, ma a tutte le oltre centomila famiglie omogenitoriali che esistono in Italia (dato peraltro sicuramente sottostimato). Il messaggio che portiamo avanti è la difesa della libertà di scelta, ovvero la libertà di essere come si vuole essere, di essere genitori anche se si è due uomini.”

Sulle famiglie omogenitoriali composte da due papà, in effetti, pesano pregiudizi ancora più granitici rispetto alle famiglie composte da sole mamme, come dimostrano anche le recenti decisioni dei tribunali italiani in merito al riconoscimento dei figli di queste coppie. “Noi parliamo sempre di ‘triplo stereotipo’ – dice Carlo. – Da una parte infatti siamo una coppia gay, e ancora nel nostro Paese abbiamo questo strascico omofobico che ci portiamo dietro da una cultura patriarcale e che facciamo fatica a lasciarci definitivamente alle spalle. Dall’altra parte siamo una famiglia omogenitoriale, e anche su questo pesa il pregiudizio in una società come quella italiana che ci racconta come esista un unico modello familiare meritevole di essere tutelato e riconosciuto. Infine c’è il triplo pregiudizio perché siamo due papà in un Paese estremamente ‘mammocentrico’, dove la figura del padre è sempre una figura collaterale, quello che monta il comodino Ikea, il sostituto ‘panchinaro’, l’aiutante eccetera. Il fatto che due uomini possano occuparsi della cura di un bambino sin dalla nascita è qualcosa che non è ancora entrato nella prospettiva culturale e sociale italiana.”

A fronte di una simile stratificazione di pregiudizi, lo storytelling che Carlo e Christian fanno della loro esperienza genitoriale cancella di netto gli stereotipi sui ruoli di genere e in particolare sulla capacità di cura tradizionalmente attribuita in via prevalente alla figura femminile. E forse per questo i loro canali social sono molto apprezzati anche dalle donne, e non solo dalle famiglie arcobaleno, perché, come spiega Christian, lasciar cadere le sovrastrutture sui ruoli predefiniti piace a chi oggi rivendica spazi di autodeterminazione e magari si sente incastrata in narrazioni eteroprodotte su quali debbano essere requisiti e limiti della maternità.

Come sta avvenendo proprio in questi mesi sulla questione della gestazione per altri, oggetto di un tentativo di criminalizzazione da parte della destra al governo che vorrebbe farla diventare, con un disegno di legge attualmente all’esame del Parlamento, “reato universale”.

“La narrazione sulla GPA di questa destra conservatrice fa leva sulla paura ed è totalmente distorta e distante dalla realtà – afferma Christian. – Quando si parla di GPA si parla di una tecnica di procreazione medicalmente assistita legale in 65 Paesi, ma legiferata in maniera molto diversa in ognuno di essi. Trovo molto banale questa discussione, e ovviamente l’ipotesi del reato universale non potrà trovare applicazione nel nostro ordinamento giuridico anche se il ddl dovesse essere approvato. Il problema oggi non è tanto quello, quanto il clima di odio che serve alle destre per dividere su questioni prettamente etiche. Mi piacerebbe che ognuno potesse avere libertà di scelta sui propri corpi, sulle proprie storie e sulle proprie vite, senza che lo Stato debba giudicare, ma soltanto limitarsi a regolare. Basterebbe legiferare sulla GPA e mettere dei paletti, perché siamo tutti sensibili al tema dello sfruttamento, ma credo che il proibizionismo non vada in quella direzione, al contrario produce effetti contrari.”

Per fortuna, secondo Christian, oggi “La società civile è molto più pronta e aperta a vedere quello che già esiste. Credo che il concetto di famiglia ormai si sia declinato in tantissimi altri modelli diversi da quello tradizionale eterogenitoriale, ad esempio famiglie monoparentali, omogenitoriali, allargate. La verità che la società ci restituisce è che non esiste un modello familiare uguale all’altro.”

Un intervento legislativo che regolasse la materia avrebbe dunque un valore anche culturale di riconoscimento di realtà già esistenti che a pieno titolo si considerano, e vengono considerate, famiglie, là dove, come recita un celebre slogan, è l’amore che crea una famiglia, la reciproca relazione di cura, e non certo la sua composizione formale.

“Smettiamola di concentrarci sull’involucro, sulla forma, e andiamo ad analizzare la sostanza, la qualità delle relazioni – conclude Carlo. – Quello che noi diciamo sempre è: Governo, istituzioni, concentratevi sulle situazioni in cui esistono bambini e bambine che crescono in contesti disfunzionali nonostante abbiano una madre e un padre e lasciate in pace noi, perché i nostri figli una famiglia ce l’hanno.”

Messaggio che verrà recapitato direttamente ai destinatari il prossimo 13 luglio, quando Carlo e Christian saranno ascoltati al Senato nel corso di un’audizione voluta dall’onorevole Alessandra Maiorino del Movimento 5Stelle.

Mentre stasera alle 20, nell’ambito della seconda giornata del Ragusa Pride, i Papà per scelta si confronteranno sul tema “Famiglie vive” con Andrea Ragusa, presidente di Arcigay Ragusa, al Centro Commerciale Culturale di via Matteotti.