Limoni e arance invenduti, 200 produttori pronti a protestare

138

Parte da Ispica il grido dall’allarme dei produttori di limoni e arance, quest’anno non raccolti e rimasti sugli alberi. Una situazione che non lascia presagire una stagione soddisfacente per l’agrumicoltura della Sicilia Sud Orientale.

Limoni e arance sono infatti fin troppo piccoli per avere un  prezzo di mercato soddisfacente e  rimangono invenduti. I produttori chiedono interventi strutturali contro la siccità che non risparmia niente e nessuno.

Non è conveniente neppure raccoglierli – dice l’imprenditore ispicese, Pippo Gennuso, associato a Coldiretti -. Costerebbe molto di più fare raccogliere il prodotto che  i ricavi dal prezzo della vendita. I nostri agrumi stanno morendo, così come tante aziende agrumicole che vanno dalla Piana di Catania, al triangolo agrumicolo di Lentini – Carlentini e Francofonte. Per poi passare agli agrumeti di Avola, Noto, Pachino, Ispica e nell’area del Ragusano. Come associato a Coldiretti – aggiunge l’imprenditore – abbiamo fatto le nostri rimostranze all’Unione Europea, ma le risposte che sono arrivate non sono soddisfacenti. I Paesi del Nord Europa preferiscono acquistare a pochi soldi limoni e arance provenienti dall’Africa ed in particolare dal Marocco e  dalla Tunisia. In queste aree la manodopera è a basso costo rispetto all’Italia quindi c’è un interesse maggiore per la Gdo. Alla Grande distribuzione importa poco e niente la qualità dei limoni o delle arance. Fanno di tutta l’erba un fascio e guardano ai profitti”.

Secondo Pippo Gennuso, serve una stretta sull’importazione e soprattutto vanno applicate le sanzioni decise dalla Ue alla Russia che continua a fare arrivare grano contaminato, così come tanti  Paesi africani che in mancanza di controlli severi, continuano ad introdurre in Italia, frumento trattato con i pesticidi.

Gennuso annuncia l’aggregazione di almeno duecento produttori siciliani pronti a combattere “la loro sacrosanta battaglia per difendere aziende e migliaia di lavoratori. Siamo arrivati ad un punto di non ritorno – conclude – Servono aiuti sostanziali e gli strumenti per combattere la concorrenza sleale dei Paesi africani.   Subito aiuti economici a quanti hanno investito le loro risorse sugli agrumi di Sicilia per evitare il fallimento. La parola tocca adesso al Governo regionale ed allo Stato”.