L’estate è (anche) da trekking negli Iblei. Ecco tre percorsi segreti

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E poi quell’intenso profumo di timo selvatico. Nel bianco accecante delle rocce calcaree. E la piacevole conferma che questa parte Sud Est della Sicilia, anche in estate, è tutt’altro che arida.
Tutto questo ti resta addosso dopo un’escursione lungo le “cave” che solcano i monti Iblei.

Si chiamano così le vallate strette e lunghe, piccoli canyon che, nei millenni, i fiumi hanno scavato nella roccia e rivestito di una flora lussureggiante: la meta ideale per gli amanti del trekking.
A partire dalla più conosciuta, la Riserva naturale orientata Pantalica, valle d’Anapo (il fiume dalle acque di cristallo) e torrente Cavagrande.
Scoprirla vuol dire seguire il corso impervio di due fiumi, l’Anapo e il Calcinara, che in mezzo al verde creano cascate, conche e anfratti inimmaginabili quando si guarda il canyon dall’altopiano. Il sentiero che si imbocca dalla Sella di Filiporto, antica via d’accesso alla cava, porta a valle attraverso gradoni di roccia e panorami mozzafiato. Come il villaggio bizantino e l’Oratorio rupestre di San Micidiario che “bucano” il calcare bianco alternandosi a piante di cappero e carrubi centenari.

A valle ci si rilassa sullo sterrato che ha preso il posto della vecchia ferrovia, affiancati da querce, lecci, sughere e i rari platani orientali (e tutto il tratto si può percorrere anche in bici). Con un buon paio di anfibi, si guadano le conche e le cascate dell’Anapo e si risalgono i versanti della cava per trovarsi di fronte l’incredibile scenografia di una parete immensa che sembra avere occhi e bocche. È la necropoli di Pantalica (a cui l’enciclopedia Treccani ha dedicato una voce corposa e dettagliata: qui), la più vasta d’Europa: cinquemila tombe ipogee, scavate a partire dal XII secolo avanti Cristo e patrimonio Unesco. Oggi sono il rifugio di volpi, martore, istrici e falchi pellegrini.

L’ultima tappa è l’Anaktoron, i resti di un edificio megalitico che domina la vallata e ricorda la grandezza degli antichi Sicani. Le tracce del loro passaggio sono ancora vive a Cava d’Ispica, a sud degli Iblei: il sentiero di 13 chilometri parte da Modica e in alcuni tratti è profondo fino a 100 metri.
Ci si immerge tra macchie di salvia odorosa, orchidee selvatiche e timo, e si scoprono altri gioielli rupestri, come il Castello sicano e il Convento, chiamati così perché sembrano palazzi enormi al rovescio, cioè interamente scavati: decine di stanze sono collegate tra loro da corridoi, balconi e scale rudimentali.
È sorprendente trovarci dentro tracce di vita recenti: resti di forni e pareti ancora annerite dal fumo raccontano che la cava era abitata fino al secondo dopo guerra.
Allo sbocco, dove si trova la chiesa di Santa Maria della Cava con tracce di affreschi bizantini, si arriva camminando sul letto pietroso del fiume ormai asciutto, scavalcando i muri a secco per aggirare l’intrico di rovi e attraversando orti e giardini di agrumi e melograni, segno di un passaggio graduale dalla vita selvaggia della cava a quella tranquilla del paese di Ispica, il punto di arrivo.

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Un passaggio molto più brusco si sperimenta lungo Cava Santa Domenica che attraversa Ragusa: sotto i ponti che collegano le principali arterie cittadine, sembra incredibile riuscire a passeggiare in una giungla di noci, fichi, mandorli e ulivi. Seguendo il greto del torrente si incontrano latomie, resti di mulini ed enormi grotte nate come necropoli e poi allargate per farne delle stalle.

Ma per entrare nel cuore della campagna iblea, il percorso giusto è l’anello di Corulla, a Monterosso Almo: qui si cammina in compagnia dell’asino ragusano, oggi quasi estinto. Si parte dalla fattoria Il passo dell’asino e si segue il ritmo degli animali, il loro muso alla ricerca delle erbe aromatiche e degli alberi più ombrosi. Il sentiero ad anello si apre su un panorama straordinario, fatto di pinete, tratti dei regi tratturi, qualche vecchia mulattiera che si inerpica sulle colline e campi aperti ricamati dai caratteristici muri a secco. Da qui si vede persino il vulcano Etna che fuma in lontananza. E sembra abbracciare con le sue pendici i verdi monti Iblei.