“La morte ci affratella, oltre la religione”. A Pozzallo i funerali dei 48 migranti

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Cadavere 14/S/C – SCONOSCIUTO.
È solo una delle 48 targhette che provano a contraddistinguere un cadavere dall’altro. Una sigla – e quella parola “sconosciuto” – come a rimarcare che queste tragedie del mare non hanno nomi, né date, né nazionalità. Sono tragedie, sono ferite che riguardano tutta l’Umanità intera (con la U maiuscola, sì), senza distinzioni.

Oggi, nel piazzale antistante la Capitaneria di Porto a Pozzallo, si sono svolti i funerali di 48 vittime del mare, 48 uomini partiti carichi di speranze e di sogni che quella agognata costa non sono mai riusciti a vedere. Soffocati sottocoperta dalla voglia dei loro stessi simili di fare più soldi. Riempire quella stiva fino all’inverosimile come se si trattasse di pacchi. Erano 611 su quella carretta del mare. Quarantacinque di loro hanno trovato la morte nello sbarco dello scorso primo luglio,mentre tre li avevano preceduti in un altro sbarco tre giorni prima. Per celebrare le esequie si è dovuto attendere il nulla osta della magistratura che sulla vicenda ha aperto un’inchiesta. Il sindaco di Pozzallo, Luigi Ammatuna, ha proclamato per oggi il lutto cittadino.

Presente il sottosegretario all’Interno con delega all’immigrazione Domenico Manzione che con i giornalisti ha parlato brevemente prima dell’inizio della cerimonia, concentrandosi sull’affollamento dei vari centri d’accoglienza: “Ovviamente siamo in affanno: chi non lo sarebbe quando arrivano seimila persone in pochi giorni come è accaduto la settimana scorsa? Ma ci stiamo attrezzando per rispondere all’emergenza: abbiamo sollecitato i prefetti che, insieme agli enti locali, stanno recuperando altre strutture per l’ospitalità e la Difesa ci ha messo a disposizione 14 caserme dismesse, una per regione, da riadattare per l’accoglienza”.

E a proposito di collaborazione tra Enti. Il sindaco di Pozzallo ha voluto ringraziare gli altri comuni iblei rimarcando lo spirito di solidarietà mostrato nell’offrire degna sepoltura ai corpi degli sfortunati migranti. Prima dell’inizio della funzione religiosa con rito cattolico, la comunità islamica guidata dall’Imam Mohamed Al Sayadi ha intonato il “Salat al Janaza”, la preghiera dei defunti. Con lui alcuni ragazzi che erano nello stesso sbarco del primo luglio. La cerimonia è stata celebrata da don Vincenzo Rosana, arciprete della Madonna del Rosario di Pozzallo, e dal Vescovo di Noto, Mons. Antonio Staglianò.

Toccante il messaggio del Vescovo: “Di fronte alla morte non ci sono differenze di religione. Siamo tutti umani e non esistono più religioni differenti. La morte” ha aggiunto Staglianò “non è questa che vediamo nelle bare. La morte per questi sfortunati fratelli è arrivata da più lontano, da quando sono stati costretti ad abbandonare le loro famiglie per partire. Purtroppo l’impegno politico è stato fin qui deficitario, l’unica soluzione è andare a portare aiuto nei loro Paesi”.

“Bisogna andare in Libia a portare il nostro aiuto per scongiurare episodi del genere che rappresentano una macchia indelebile per tutta l’umanità“, ha detto il prefetto di Ragusa, Annunziato Vardè.
Mentre alcuni dei migranti, che in quel “peschereccio della morte” sono sopravvissuti, andavano lenti a depositare una rosa per ciascuna bara: qualcuno piangeva, qualcun altro guardava lontano, o nel vuoto, senza muovere un muscolo, con il forte vento di ponente che portava in alto le preghiere di una piazza affratellata dal dolore.