Intanto i Forconi tornano a manifestare. Proteste allo Stretto di Messina

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Sono ritornati, i Forconi. In strada, per protestare.
E stavolta hanno scelto, per le loro rimostranze, un altro luogo simbolo: l’approdo dei traghetti al molo San Francesco a Messina, da dove passano le merci in arrivo e in partenza dalla Sicilia.
Ma, nessun blocco, come temuto da alcuni. Solo un gesto, definito dagli autori dimostrativo: hanno scaricato a terra diversi chili di ortaggi e frutta, e in particolare dei pomodori “ciliegio”, provenienti da Tunisi.
“Il settore dell’agricoltura” ha spiegato il leader dei Forconi, Mariano Ferro: “sta affondando, il problema è che nessuno fa niente. Spero che il governo nazionale faccia qualcosa perché siamo in ginocchio. Questo pomodoro che abbiamo gettato a terra viene da Tunisi e noi con i prezzi dell’Africa non possiamo competere”

“In Marocco sono pronti con un piano di un milione di ettari per produzione di ortaggi noi saremo sommersi e non potremo fare niente perchè loro fanno concorrenza sleale. Ci sono delle norme di salvaguardia” ha ricordato Ferro “e dei trattati con il Marocco per prezzi e quantità: se nessuno le fa rispettare noi siamo rovinati. L’agricoltura è uno dei settori trainanti per la nostra regione se lo stato non ci tutela centinaia di aziende saranno costrette a chiudere”.
Sul posto sono presenti vigili urbani, polizia e carabinieri che stanno monitorando la protesta che non ha fatto registrare alcun problema di ordine pubblico.

Agli imbarcaderi dello Stretto di Messina accanto ai Forconi che protestano contro l’arrivo di ortofrutta dall’estero c’è anche il sindaco di Vittoria (Ragusa) Giuseppe Nicosia: “Questa è una battaglia democratica” afferma “non è il blocco delle strade che creava vere difficoltà alla nostra economia. Ci si prefigge di porre i problemi a Roma”.
Secondo il sindaco, “la situazione è diventata veramente insostenibile per l’economia e non soltanto per la serricoltura che rappresento ma anche per l’agricoltura meridionale. Il meridione è distrutto a livello agricolo distrutto dall’assenza da oltre 25-30 anni di normative a sostegno dell’agricoltura , dall’accordo euro marocchino e da tanti altri accordi che l’Europa ha intrapreso, dall’assenza di misure di salvaguardia da parte del governo nazionale nonostante altri paesi europei hanno adottato misure di salvaguardia nei confronti della propria agricoltura”.
Alla protesta hanno preso parte anche i sindaci dei Comuni ragusani di Acate, Pozzallo e Chiaramonte Gulfi, e di quello nisseno di Niscemi.

“Scelga il Governo italiano se difendere pochi potenti industriali o qualche milione di agricoltori onesti che, per esempio, in questo momento a Latina vendono nelle campagne le angurie al prezzo strabiliante di due/tre centesimi al chilo grazie agli enormi quantitativi sul mercato provenienti dall’estero”, sottolinea Ferro. “E questo meccanismo vale per i cereali, per l’ortofrutta, per gli agrumi, per il latte, per la carne, praticamente per tutto quello che riguarda l’alimentazione degli italiani. Renzi ci dia una risposta concreta: continuare così o salvare quello che rimane del Made in Italy, faccia lui”.
“Sappia, perché forse non lo sa”, continua Ferro rivolgendosi al premier Matteo Renzi: “che l’agricoltura non abbiamo bisogno di svenderla a qualcuno come l’Alitalia o la Telecom, l’abbiamo già delegata gratis ai nord-africani ed a tutto il resto del mondo. Deve essere altrettanto chiaro che se dovessero vincere ancora una volta i più forti, cosi’ com’è sempre stato nel passato, i più deboli nel prossimo autunno non aspettano altro che l’input per mettersi insieme. Speriamo di non sentirci dire che non ve lo avevamo detto”