Questione di leadership. Così il PD ragusano rischia l’implosione

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I tormenti del Pd di Ragusa.
Le prime avvisaglie con la festa provinciale dell’Unità che qualcuno ha chiamato provocatoriamente della DisUnità.
Ai Giardini di Ragusa Ibla c’era solo una parte del partito, in gran parte, quelli dell’area cuperliana, gli altri, i renziani della prima ora, si sono guardati bene dal farsi vedere.

Poi la scelta di Nello Dipasquale, il sindaco forzista di Ragusa, che ha chiesto la tessera del Pd ha aggiunto altri motivi di frizione in un partito a rischio d’implosione, dove i rancori personali, le vendette politiche e la rigidità culturale di molti esponenti sono un freno al processo di inclusione che il segretario-premier Matteo Renzi ha inaugurato da qualche mese.

Tutto può apparire incoerente, incomprensibile e irricevibile, se l’idea è quello di un partito dogmatico, arroccato su alcuni baluardi ideologici che lascia poco spazio al pragmatismo renziano.
Il Pd ragusano sembra viaggiare ad una velocità pachidermica rispetto ai ritmi impressi dal suo leader e soprattutto stenta a prendere consapevolezza di quello ch’è il nuovo ruolo del Pd in Italia. Un partito moderato, di centro sinistra, riformista e liberale che prova a far ripartire l’Italia o fargli “Cambiare verso” come dice Renzi.

Perché il Pd ragusano non si adegua ai ritmi renziani? E non prende coscienza che di essere una forza di governo? Che ha un ruolo centrale nell’agone politico perché l’opposizione si è sempre più frastagliata in mille rivoli perché il centro destra continua a non avere un leader dopo Berlusconi? Che il progetto di un polo di centro di Pierferdinando Casini è miseramente fallito nell’ultimo “abbraccio mortale” con l’ex premier Mario Monti e che l’estrema sinistra ha una visione troppo radicale che finisce per lasciarla ai margini dei processi decisionali del Paese?

Non è blasfemo dire che il nuovo Pd porta ad evocare la vecchia Dc, partito di governo che aveva una forte dialettica interna ma che rappresentava le diverse anime di un elettorato moderato e allo stesso tempo progressista che ha governato gli anni del benessere in Italia. Se il Pd di Ragusa “pensa” ad essere altro rispetto al ruolo che ha avuto la Dc in passato allora non fa una “lettura” attenta dei tempi e modi della politica di oggi.

Sarà una questione di leadership? Possibile. In Italia, Matteo Renzi – finora – ha galoppato perché si è sbaragliato di tutti i suoi antagonisti, a Ragusa Giovanni Denaro non ha la stessa tenacia ed energia ma è segretario in base ad un accordo fatto con mezzo partito, perché l’altro mezzo è rimasto fuori.
Renzi, come sostiene lo storico Guido Crainz ha avuto: “L’indubbio merito di coinvolgere il Pd in un progetto innovatore e di emarginare culture, residui mentali e apparati largamente chiusi in se stessi e nel proprio passato”, cosa che nel suo piccolo non ha fatto Denaro che invece ha operato all’inverso.

Un segnale in controtendenza rispetto alla sua azione politica l’ha dato sul “caso Depasquale”, mostrandosi in tal senso più renziano.
Aprendo le porte del partito all’ex sindaco di Ragusa ha colto il messaggio innovatore e includente che vuole il segretario nazionale, ma ora deve essere conseguente anche con gli altri esponenti che al momento sono sull’Aventino, soprattutto, per seppellire quel “partito microbaronale” per dirla con Mauro Calise, cui il Pd rischia di ridursi in provincia di Ragusa.